Caso scommesse. Il fascino del clandestino. Il gioco pirata vale 18,5 miliardi l’anno. Ogni mese oscurati 50 siti
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul caso scommesse con i calciatori che scommettevano su siti pirata.
Tanti calciatori rovinano le proprie carriere e le proprie vite sui circuiti clandestini per una banale – ma preoccupante – questione di incassi. In Italia il gioco legale prevede, infatti, una vincita massima di 50 mila euro a schedina: sopra quella cifra i sistemi non pagano e, di conseguenza, non accettano neppure le puntate che prevederebbero incassi oltre questa soglia. Cinquantamila euro cambiano la vita a tante persone – secondo i dati Istat, la retribuzione media annua lorda per dipendente in Italia si aggira intorno ai 27 mila euro – ma non di certo ai calciatori. Sandro Tonali, ad esempio, guadagna la cifra massima che potrebbe vincere (scommettendo legalmente su tennis, basket o qualsiasi altra disciplina) in appena due giorni. Al Newcastle incassa circa 23 mila euro ogni 24 ore… Nicolò Zaniolo e Nicolò Fagioli (gli altri due indagati della procura di Torino) impiegherebbero un po’ più per accumulare il malloppo ma questo non cambia il senso della riflessione: per loro, al netto di vizi e patologie, scommettere sui circuiti autorizzati non porta alcun vantaggio.
Questi tetti rappresentano una modalità per mettere sotto controllo il gioco d’azzardo, ma l’alternativa offerta dalla criminalità è tutto sommato attrattiva per chi ha ingenti somme da investire. I banchi (fisici o virtuali) accettano qualsiasi somma, garantendo vincite (ma anche perdite) da capogiro. Ed è così che in Italia, come rivelato dai dati dell’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco (Agimeg). il giro di scommesse sui circuiti illegali vale circa 18,5 miliardi l’anno, cioè quasi 51 milioni di euro al giorno. Ogni mese l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli oscura almeno 50 siti pirata, dove gli allibratori radunano i loro clienti. La lotta è serrata e a tratti pare quella di Don Chisciotte contro i mulini a vento: per ogni sito che va giù, ne nascono altri due o tre. Nella maggior parte dei casi non vi è traccia dei pagamenti. I personaggi pubblici, come i calciatori, saldano debiti e scommettono senza utilizzare i tradizionali circuiti bancari dove per passaggi di denaro oltre una certa cifra scatta il cosiddetto sistema di antiriciclaggio, con segnalazione alle autorità. La scommessa in sé avviene tramite cellulari e device (a Fagioli, Tonali e Zaniolo sono stati sequestrati contestualmente alla consegna dell’avviso di garanzia), ma i debiti si saldano coi contanti consegnati di persona. Alcuni scambi avvengono in luoghi considerati “protetti” come le gioiellerie, dove ad esempio Fagioli si recava per acquistare i rolex per i suoi creditori.
Giocare legale (gli italiani nel 2021 hanno puntato 67 miliardi, perdendone 3,8) può prevenire fenomeni come la ludopatia. Un giocatore, ad esempio, può fissare la somma massima da puntare in un determinato periodo, prevedendo l’autoesclusione da ogni concessionario in caso di superamento di una certa soglia. L’argomento “dipendenza dal gioco d’azzardo” è di forte attualità nei giorni delle confessioni di atleti illustri e di certificati medici consegnati in procura federale con la speranza che si trasformino in attenuanti. In realtà, i dati ufficiali restringono di molto la percentuale degli scommettitori realmente malati di gioco: secondo una ricerca dell’osservatorio sull’impatto socio-economico della dipendenza (Oised), le persone in cura per ludopatia sono 15.000 in tutto il Paese, vale a dire appena lo 0,08% degli scommettitori. Qualcosa non torna. Sull’argomento ieri è intervenuto il ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, ribadendo che nel caso dei calciatori si tratta di «alto tradimento» e che quegli atleti colpevoli «dovrebbero invece rappresentare un esempio per i giovani». Nel calcio, molto presto, potrebbe entrare in vigore una carta dei doveri. «L’idea è concreta – ha promesso Abodi – Nel prossimo mese questo documento, che sarà frutto del dialogo, sarà realtà affinché non ci siano più alibi».