Caso scommesse. Il “capo” italiano di Sportradar: «Sanzioni serie, non buffetti»

L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sulle parole del “Capo” di Sportradar sul caso scommesse.

Ci ha pensato il presidente dell’Aic, Umberto Calcagno, a ricordare l’importanza della formazione nel tentativo di arginare il fenomeno delle scommesse da parte dei calciatori: «Siamo un sistema che in questi ultimi decenni ha fatto tanta formazione anche nei ritiri. Evidentemente avere informato i tesserati non è bastato per creare degli anticorpi, ma il sistema ha fatto veramente tanto». Il riferimento è ai numerosi confronti con gli atleti per spiegare i rischi dell’azzardo legato allo sport.

Queste campagne si erano intensificate dopo lo scandalo del 2011. In quel caso al centro delle inchieste c’era il match-fixing con le partite combinate. La prevenzione su quel fronte è stata accompagnata dalla messa in guardia sui rischi di scommettere sul proprio sport, la condotta vietata dalle norme federali che ha provocato questo nuovo terremoto. Il problema è che, nel corso degli ultimi anni, si è venuto a creare un buco negli appuntamenti con le prime squadre in questi cicli di insegnamento in materia di integrity, affidate a Sportradar, l’agenzia leader mondiale in questo settore che lavora con Uefa e Fifa. La Figc aveva coinvolto in questi confronti tutte le giovanili azzurre fino all’Under 21, la Nazionale maggiore femminile, ma non quella maschile. Lo aveva fatto perché in quel momento le prime squadre di Serie A partecipavano al tour nei vari centri sportivi curato da Sportradar. Ma dalla stagione 2018-19 in poi le prime squadre del massimo campionato italiano sono uscite da questo programma. La Lega ha deciso di proseguire solo con Primavera e Under 17. In pratica i ragazzi seguivano questi corsi fino ai 20 anni, ma poi uscivano dal progetto sia nel club che in azzurro. Si era diffusa la convinzione che bastasse ascoltare una o due volte da promesse emergenti certi avvertimenti per essere vaccinati per sempre. Gli ultimi casi dimostrano che non è così.

Non a caso la Figc, già nei mei scorsi (quindi prima dell’esplosione del nuovo scandalo con Fagioli, Tonali e Zaniolo), aveva pensato di estendere le lezioni di integrity alla Nazionale maggiore. Questo allargamento ai convocati di Spalletti dovrebbe partire tra circa sei mesi. Adesso è possibile che anche la Serie A ripristini gli incontri con le prime squadre. Le ultime vicende dimostrano che certi concetti devono essere ripetuti più volte per garantire un effetto benefico, anche se ovviamente è impossibile ridurre il pericolo a zero. «Non è un compito che può essere esaurito una volta sola, ma deve accompagnare tutto il percorso di carriera di un calciatore – spiega Marcello Presilla, responsabile integrity per l’Italia di Sportradar – così come i giocatori si allenano continuamente in maniera egregia sugli aspetti tecnici e tattici, allo stesso modo devono allenarsi per mantenere la guardia alta in tema di integrità sportiva». Con una precisazione: «Le sanzioni devono essere serie, non un buffetto in seguito a sconti di pena progressiva». Non per infierire sul calciatore, ma perché altrimenti diminuisce la deterrenza di quanto viene detto al gruppo per allontanare dal pericolo scommesse. Una forma di tuela generale per evitare che le conseguenze negative del comportamento dei singoli danneggino l’immagine di un intero sistema, con riflessi pesanti sui ricavi economici.