Caserta: «Io visto come un traditore, quando andai al Palermo…»
Carriera da calciatore professionista, prima di arrivare in A con Catania e Palermo: Locri, Pergocrema, Igea Virtus, Taranto e poi ancora Igea Virtus,ovvero un lungo viaggio tra Eccellenza, Serie D e C2. Di polvere in periferia Fabio Caserta ne ha respirata parecchia, prima di lanciarsi nel grande calcio a tutta velocità (è stato anche a un passo dalla Nazionale), lui che fino a 17 anni preferiva il karate al pallone. Ora l’ex centrocampista calabrese è diventato allenatore e vuole ripercorrere la stessa strada: partire dal basso non gli fa paura.Un anno fa ha cominciato nella Juve Stabia e in questa stagion e è stato riconfermato. Con risultati sontuosi: 7 vittorie e 2 pareggi in nove partite. E all’orizzonte per lui c’è un incrocio non banale. La Juve Stabia sabato a Castellammare si troverà di fronte il Catania, dove si è vista la miglior versione del Caserta calciatore ma dove il successivo passaggio al Palermo (nell’agosto 2007) non è stato vissuto nel migliore dei modi,per usare un eufemismo. «Purtroppo c’è stato chi — dice lui — all’interno della società,mi ha fatto passare per un traditore, ma io non ho tradito nessuno: semplicemente mi hanno voluto vendere. E il fatto che io sia andato al Palermo non mi è stato perdonato dai tifosi». Neanche a 11 anni di distanza. «Sono tornato lo scorso aprile al Massimino ,la partita è finita e purtroppo il clima era pessimo: è stata una giornata difficile. Stavolta se non altro giochiamo in casa». I ricordi dell’esperienza siciliana restano belli. «E non potrebbe essere altrimenti. A Catania sono stato benissimo, tre stagioni stupende che mi hanno lanciato nel grande calcio.Con Pasquale Marino in panchina, abbiamo conquistato prima la promozione in Serie A e poi la salvezza».
Caserta fece anche gol nel tragico Catania-Palermo del 2 febbraio 2007, il giorno della morte del poliziotto Filippo Raciti. «Segnai, ma perdemmo 2-1. Niente in confronto a quello che successe fuori dallo stadio. Sembrava che ci fosse stata una guerra. Noi eravamo barricati dentro lo stadio,abbiamo saputo della tragedia quando eravamo ancora negli spogliatoi. Siamo usciti a notte fonda». Una partita che segnò anche la carriera di Caserta. «Dovevo essere convocato in Nazionale, invece il calcio giustamente venne fermato e quel treno per me non passò più». Poco dopo il passaggio al Palermo. «Sono stato bene anche li, ho esordito in Coppa Uefa ma il rendimento non fu quello di Catania, a cui comunque segnai in un derby poi perso. La morte di mio papà, avvenuta appena passato in rosanero, mi segnò profondamente». Questo quanto riporta l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” in merito all’intervista realizzata all’ex rosanero Fabio Caserta.