Caremani: «Decreto Crescita? No aiuti statali al calcio»
Nella serata di TMW Radio, all’interno di “Piazza Affari”, è intervenuto lo scrittore e direttore di The SportLight Francesco Caremani.
Di seguito le sue dichiarazioni:
«Credo che il calcio, come industria, non debba avere aiuti di Stato. In Italia il Governo non ha dato spiegazioni in merito. L’intervento è stato fatto per altri motivi e poi gli effetti sono ricaduti sul calcio. Ho grande stima di Abodi e non mi spiego come mai anche questo governo – al pari di altri – abbia prodotto tagli orizzontali. Gravina ha parlato con Abodi e hanno pensato a un taglio del decreto crescita progressivo. Hanno parlato di 120 milioni di euro l’anno. Se li dividiamo su tutta la Serie A si tratta di 6 milioni di euro a società. Sono così importanti queste agevolazioni fiscali da rendere il nostro calcio nuovamente competitivo? Come mai tutta questa attenzione verso questo provvedimento? O il calcio italiano sta veramente bene o sta veramente male e quindi sta attentissimo pure agli spiccioli. Il Covid poteva rappresentare un assist, non è stato compreso nell’ottica di una diminuzione proporzionale degli stipendi dei calciatori. Occupandoci noi sempre del calcio top ci rendiamo conto solo di una parte della questione. È inquietante capire come mai i club di Serie A siano così attaccati a cifre del genere».
«Di fatto non ha prodotto alcun vantaggio il Decreto Crescita. Nel mio libro parlo di calcio sociale e primordiale. Esiste un “calcio industria”, il calcio di base e il calcio che ho raccontato in “Chiedi alla Polvere”, che è quello degli amatori e dei dilettanti che giocano i tornei nel campo sotto casa. Non voglio fare l’idealista romantico della situazione. Quel calcio romantico degli anni ‘70 e ‘80 non tornerà più e bisogna fare i conti con i valori culturali del presente. Oggi il calcio industria deve assolutamente pensare come industria. Noi saremo quelli che rifaremo gli stadi di Italia ‘90 – e tutti ricordiamo il “sacco” che fu – e li rifaremo per Euro 2032, vale a dire solo cogliendo un assist del presente. Non c’è mai un discorso di progettualità condivisa sconnessa dai grandi eventi. Se oggi è il 50%, si passerà al 40%, poi al 30%. Sono un grande tifoso del calcio italiano e mi sto chiedendo – da tifoso – potrò rivedere le squadre italiane competere a livelli altissimi in Europa? Accadrà di nuovo? La Nazionale – che pare mal sopportata da chiunque – tornerà ad emozionarci. Un certo tipo di narrativa calcistica mi ha stufato. Il calcio italiano ha dieci anni di tempo: la spirale negativa a livello culturale ci avvolge completamente. Le giovani generazioni, quindi i nuovi tifosi e perciò i nuovi clienti rischiano di sparire».
«Euro 2032 in Turchia? Penso le peggiori cose. Quando si fanno queste operazioni ci si dovrebbe affiancare a dei Paesi con dei parametri democratici simili al nostro. Russia, Qatar, poi andremo in Arabia Saudita. Lo sport non è neutrale, è stato sempre il viatico per altri interessi. La Turchia non rappresenta i parametri democratici tali da potersi affiancare in un’organizzazione del genere».