Capuano: «Io vivo per i tifosi. Ho lasciato Foggia per i ragazzi morti»

Eziolino Capuano, tecnico noto per il suo carisma e le sue dichiarazioni incisive, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Nicola Binda per La Gazzetta dello Sport. Nel corso della conversazione, Capuano ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a dimettersi dal Foggia, rivelando dettagli personali e professionali che lo hanno segnato profondamente. Dall’intenso rapporto con i tifosi al suo approccio alla gestione della squadra, Capuano si è aperto con schiettezza, toccando temi come l’etica e il rispetto per la maglia. Tra aneddoti con colleghi illustri come Guardiola e riflessioni sul calcio moderno, emerge il ritratto di un allenatore che vive il calcio con passione autentica, senza mai rinunciare ai suoi valori.

Foggia, non per Foggia ma per i foggiani. No, lo scioglilingua non spiega le dimissioni di Eziolino Capuano, uno che non fa mai le cose a caso, dall’alto di una lunga carriera, mille avventure, frasi cult e video che infiammano il web. Uno che stringe sempre legami forti con le città dove allena. Come avrebbe voluto accadesse a Foggia. Invece…

Invece si è dimesso parlando di situazioni strane… «Alleno da 34 anni di fila, penso di avere dimostrato che l’uomo supera l’allenatore. Rifarei altre mille volte la scelta di Foggia, ma nell’intervallo dell’ultima partita ho deciso di andare via. L’etica e il comportamento vanno al di sopra di tutto. E non era colpa del presidente Canonico».

Allora era colpa dei giocatori? «Preferisco quelli affidabili a quelli forti, che ti fanno vincere una partita ma poi distruggono la squadra. Sono subentrato e mi sono dovuto adeguare».

E allora cosa è successo? «Quei tre nostri tifosi morti a Potenza mi ha fatto sentire in colpa. Ho portato io i genitori all’obitorio a riconoscerli. Non me la sono sentita di continuare. Ho visto morire tre ragazzi che tifavano per la loro squadra e certi atteggiamenti non mi sono piaciuti».

Prima aveva lasciato Taranto. «Ma ho fatto solo il ritiro… Dopo due anni di miracoli c’è stato il disimpegno del presidente: fossi rimasto non sarei stato Capuano».

Adesso può ancora essere ricollocato e diventare il primo allenatore su tre panchine. «Me lo merito. Chi prende Capuano sa che prende una persona seria. Sono autoritario, i giocatori devono rispondere a città che vivono per loro. Quando indossi una maglia la devi rispettare, non mettere l’orecchino».

Lei è il ras della Serie C, soprattutto del girone Sud. «Nessuno ha la mia esperienza. Non sono il più bravo, ma sono quello che la conosce meglio».

Magari la chiamano in B. «Ho avuto due richieste dopo Foggia, ma voglio aspettare proprio perché magari qualcuno in B ci pensa. Serve una scelta razionale. Foggia l’ho scelta col cuore, per la città e non per la squadra: errore non da Capuano».

Una volta disse a Guardiola: “Tu hai inguaiato ‘o pallone”. «Eravamo a Brescia, a cena. Lui è il migliore, tutti lo copiano. Ma senza giocatori, è dura. Se in Pescopagano-Baraggiano vedi la costruzione dal basso, per me è distruzione dal basso. Pep si mise a ridere. Io voglio tante squadre che costruiscono dal basso: per me conta recuperare palla in fretta e andare velocemente in porta, quindi mi fanno un favore».

Un collega che ammira? «Tanti. Quando giocai contro Italiano gli dissi che sarebbe arrivato in A: mi dava del lei. Poi dico De Zerbi. Ma tifo a vita Allegri e Mou, i più pragmatici di tutti».