Carisma, passione e una visione del calcio che non teme confronti. Eziolino Capuano, tecnico dalle opinioni taglienti e dall’animo sincero, è un personaggio che non passa inosservato. Il suo nome evoca immagini di panchine difficili, di piazze appassionate, di imprese che sfiorano l’epico. Ma Capuano non è solo un allenatore: è un uomo che ha fatto dell’onestà e della coerenza i suoi capisaldi, pagando spesso un prezzo alto nel mondo del calcio, dove la meritocrazia è un concetto troppe volte disatteso.
In questa intervista esclusiva a TuttoB.com, Capuano si racconta senza filtri. Dai ricordi di gioventù legati alla sua amata Salernitana, all’ascesa tra le panchine più complesse della Serie C, fino al suo rapporto controverso con la popolarità sui social. Tra aneddoti personali e riflessioni sul panorama calcistico italiano, emerge un ritratto autentico di un uomo che non ha mai smesso di lottare, di sognare e di credere nei propri principi.
Mister, partiamo dalla crisi della Salernitana. Dopo la débâcle di Reggio Emilia contro il Sassuolo, la squadra è precipitata al terzultimo posto e intanto monta il malcontento dei gruppi del tifo organizzato, che hanno già annunciato uno sciopero di 15’ contro la Carrarese: lei crede che i granata, a questo punto della stagione, dovranno abbandonare i sogni di gloria e pensare a salvaguardare la categoria? «Purtroppo quando si viene da una retrocessione anche inopinata, perché gli investimenti sostenuti erano stati importanti, e i risultati non arrivano, tanto è vero che è già cambiata la guida tecnica, diventa normale essere soggetti alle contestazioni. Però ritengo che la Salernitana abbia tutto per uscire dall’impasse: un direttore sportivo di grande professionalità e un allenatore che non ha bisogno di presentazioni e conosce perfettamente l’ambiente. Certo, ora la squadra vive una fase di difficoltà, ma deve per forza saltar fuori da una situazione di classifica che non le appartiene: lo meritano la piazza e il pubblico. La Salernitana giammai può pensare di dover lottare per la retrocessione».
Lei sa che tanti tifosi della Bersagliera invocano il suo approdo sulla panchina granata? «Io sono nato a Salerno e sono sempre stato tifoso della Salernitana. Da adolescente, durante la settimana, vivevo in base al risultato della squadra. La città mi vuole bene e io non nascondo i miei sentimenti. Sono uomo di vecchia generazione. Ho sempre desiderato fare l’allenatore della Salernitana e fino a quando farò questo mestiere rincorrerò quel sogno. Perché chi smette di sognare ha smesso di vivere».
Che rapporto ha con i social, dove lei è popolarissimo? «Io non ho social, che lei ci possa credere o meno, ho solo whatsapp… Poi, sì, ci sono dei gruppi, dei quali però io sono a totale disconoscenza. Sono contro il mondo dei social. Certo, da una parte mi hanno dato una notorietà notevolissima, ma dall’altro hanno offuscato le mie reali potenzialità tecniche perché, come dico sempre, non c’è mai stata una stagione in cui io non abbia lavorato. Questo cosa significa: che il valore dell’allenatore è superato da quello dell’uomo. Sa quanti ne ho conosciuti nel calcio di uomini d’onore che ti danno una parola e dopo due ore vengono meno dicendo “Non mi ricordo”? Che poi nella vita sono anche imprenditori di successo… Io invece quando do la parola la mantengo sempre, non solo con la squadra ma con tutti. E molti hanno approfittato del mio onore. Cosa voglio dire: che io sarò sempre me stesso, fino a quando farò questo mestiere e anche una volta che avrò smesso. Detto ciò, la notorietà del mio personaggio non pensi che mi faccia troppo piacere…».
Dopo aver portato il Taranto a un passo dalla semifinale playoff di C, si sarebbe aspettato una chiamata dalla B? «Arrivai a Taranto in una situazione disgraziata, con una squadra ultima in classifica, che non aveva mai vinto, e con 300 persone allo stadio. Ebbene, quella squadra non solo l’ho salvata, il primo anno, ma non l’ho trascinata ai playoff solo per un gol. Il secondo anno, invece, ho costruito una macchina perfetta, con un budget praticamente da serie D, e con 4 punti di penalizzazione, senza la quale avremmo avuto grandissime possibilità di andare in B. Inoltre abbiamo fatto sette, e sottolineo sette, plusvalenze. Ergo, mi sarei aspettato una chiamata importantissima. Questo per significare che la meritocrazia nel calcio non esiste».
Quanto dovremo aspettare, ancora, per vedere Eziolino Capuano in Serie B? «Sono arrivato a un’età abbastanza matura… Anche dopo il comportamento che ho tenuto a Foggia, dove ho lasciato tutto per una questione etica, di principio e di dignità, ho ricevuto delle proposte, le do la mia parola d’onore, ma non mi convincevano. Aspetto la B. Altrimenti posso anche stare fermo».
Cosa risponde a chi la ritiene un “allenatore da piazze del Sud”? «Io rispetto tutti, ma quando sono andato al Nord, per esempio a Modena, in una situazione difficilissima, mi pare di aver fatto benissimo e di aver lasciato anche un grande ricordo. A San Benedetto del Tronto presi una squadra undicesima, la portai al secondo posto e poi Fedeli non mi fece fare i playoff. Io subisco sempre, non ho mai fatto polemica. Capuano bisognerebbe conoscerlo nell’intrinseco, come dico spesso, piuttosto che nel semantico o per via di un video di vent’anni fa o di un’incazzatura con un giocatore o un giornalista…».
Torniamo alla Serie B. Lei crede che il terzetto di testa abbia la forza di mandare a monte i playoff? «Sono molto onesto, il Sassuolo è fuori categoria per la rosa faraonica di cui dispone. A me piace moltissimo lo Spezia, una squadra molto equilibrata, con alcune individualità di spessore assoluto (Hristov su tutti) e guidata da un allenatore pragmatico. Mentre il Pisa è una sorpresa: sta facendo benissimo con un tecnico che la B l’ha già vinta, ma non mi pare al livello delle altre due».
E le altre? «Il Palermo secondo me è una buona squadra, e attenzione al Bari che è una squadra importante. Diversamente stanno fallendo, al momento, il Frosinone e la Salernitana; nessuno si sarebbe aspettato di trovarle laggiù, in fondo alla classifica. Un grande plauso, consentitemelo, alla Carrarese, a mio avviso la più bella realtà di tutta la Serie B; una squadra che ha giocato spessissimo lontano dallo stadio ‘dei Marmi’ e che è grossomodo la stessa formazione dell’anno scorso. Calabro e Padovano stanno facendo un qualcosa di notevolissimo: chapeau».