Calvarese: «Ecco quanto guadagna un arbitro in Champions League»
L’ex arbitro Giampolo Calvarese ha parlato ai microfoni di “Calcio&Finanza” rilasciando le seguenti parole:
«Mio padre mi ha sempre ripetuto quanto fosse importante studiare e io l’ho fatto fino a 38 anni, conseguendo anche un dottorato di ricerca dopo la laurea. Mi diceva sempre di studiare, tra i vari motivi, anche perché nella vita ti pagano per due ragioni: o perché fai cose che sai fare solo tu – come, ad esempio, i grandi fuoriclasse della nostra epoca, Cristiano Ronaldo e Messi – oppure perché ti assumi delle responsabilità che hanno un grande peso specifico, ma per assumere decisioni che valgono tanto bisogna avere le spalle grandi dovute alla conoscenza. Ed è questo il motivo per cui un arbitro percepisce un buono stipendio. Per la precisione, almeno per quanto riguarda i gettoni a partita, 4mila euro ogni partita di Serie A, 2mila una di Serie B. Un direttore di gara durante il suo primo anno nella massima serie percepisce anche 20.000 euro per i diritti d’immagine, che vanno poi a salire con il passare delle gare (30mila prima delle 50 partite, poi 60mila, fino ad arrivare a 90mila per gli arbitri FIFA ed ex FIFA). Ma quanto percepisce invece in Champions League? Si tratta più o meno come quello che accade in Serie A dove gli arbitri sono pagati per una quantità fissa di diritti d’immagine e poi per una quota variabile, il gettone di presenza che varia tra la Serie A e la Serie B. Un compenso superiore a quello dei suoi assistenti impegnati nella medesima partita. I due assistenti, così come il Var e l’Avar, guadagnano insieme a coppia per intenderci quasi 6000 euro, spicciolo più spicciolo meno. La stessa somma la percepisce invece interamente solo un arbitro. Ma la sostanza non cambia: un direttore di gara viene pagato certamente di più di tutti e due gli assistenti ma anche di Var e Avar messi insieme. Come mai questa apparente sproporzione? Forse perché un arbitro corre di più di un suo assistente (10/12 km contro magari 4/5)? Ovviamente no. Oppure perché fisicamente ci mette la faccia? E non è solo un modo di dire: le telecamere riprendono sempre lui nei momenti topici di una partita o durante un episodio dubbio. Mentre spesso gli assistenti restano “all’ombra” delle riprese, in 90 minuti i tifosi ma anche i semplici appassionati conoscono alla perfezione i connotati di un direttore di gara, e sanno quindi magari poi riconoscerlo in altre occasioni. E se quest’ultimo commette un errore, un tifoso non gliela perdonerà anche nei match successivi in cui arbitrerà la sua squadra del cuore. Mentre appunto, un assistente, più difficilmente viene ricordato per un errore. Questa sproporzione nel compenso è giustificata così dal fatto che un direttore di gara ha lo scettro della decisione finale sul manto verde, ha la responsabilità cioè di ogni decisione presa durante un match. Un peso specifico enorme, ma che un direttore di gara si assume ogni volta che scende in campo. Nonostante il VAR abbia cambiato il calcio e sicuramente si sia preso su di sé una grossa fetta di responsabilità nelle situazioni cruciali, comunque il cerino della decisione finale resta nelle mani dell’arbitro. Ciò gli è stato ampiamente riconosciuto e voluto dalla UEFA e dalla FIFA: la centralità dell’arbitro in campo non va messa in discussione. Ed è per questo motivo, proprio per questo suo ruolo centrale, fondamentale e primario che viene pagato più degli altri: perché, come dice mio padre, si assume una grande responsabilità»