Calaiò: «Mi sento ancora un esempio e un modello da seguire per i ragazzi più giovani»
“Emanuele Calaiò è deluso, stanco e amareggiato. Esce dal dibattimento con la frustrazione di chi – a 36 anni – vede l’ultimo treno della carriera partire senza averlo aspettato. La Serie A sudata e conquistata sul campo la stagione scorsa, rischia di essere gettata alle ortiche per quei maledetti messaggi all’ex compagno De Col prima di quel famoso Spezia-Parma. La decisione della Corte d’Appello riduce poi la squalifica dell’attaccante da 2 anni a poco più di 5 mesi, ma le sue parole pronunciate davanti ai giudici lasciano immaginare un imminente ricorso al Collegio di Garanzia del Coni. «Il mio nome è stato infangato – sono state le parole dell’attaccante gialloblù – la mia immagine forse è compromessa per sempre. Mi hanno trattato come un criminale. Ma io sono innocente e mi sento ancora un esempio e un modello da seguire per i ragazzi più giovani». E poi ancora, continua la difesa a spada tratta della sua buona fede: «Non ho mai tentato di combinare una partita. Se avessi voluto provarci, non l’avrei certo fatto usando WhatsApp. Conosco La Spezia, ci ho giocato (nella stagione 2015-2016, ndr), è a 120 chilometri da Parma e magari ci sarei andato anche di persona». Dietro al giocatore che scende in campo e segna, c’è l’uomo Calaiò che ha mostrato tutta la sua fragilità. Non è stato facile spiegare ai figli perché il padre ultimamente era sempre sui giornali e in televisione, ma non per una giocata o per qualche gol segnato: «E’ stata un’umiliazione. Lo giuro su di loro, sono un uomo e un calciatore onesto». Gli hanno creduto, ma solo in parte”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.