Di certo c’è qualcosa che stride nella decisione presa qualche giorno fa. Da quando il City è sbarcato a Palermo, s’è detto che ogni decisione è frutto di un lavoro di squadra e che il «sì» finale arriva al termine di dettagliate relazioni che vengono passate al metal detector societario.
De Sanctis ha sbagliato scelte importanti, ma i quattro milioni pagati per Le Douaron – ad esempio – non li ha tirati fuori di tasca sua. Se ha avuto il via libera per spendere una cifra così elevata, è perché anche altri, fra Manchester e Palermo, erano convinti che il bretone fosse il jolly giusto per l’attacco. E lo stesso discorso vale per i vari Henry, Pierozzi, Nikolaou, Baniya e Appuah.
Eppure alla fine chi ha pagato è solo lui. Per di più senza una prova d’appello, come poteva essere il mercato di gennaio.
Alla presentazione di Osti (domani) sarebbe bello che dalla società arrivassero risposte limpide su quanto si è deciso fin qui: dalla scelta di tenere Brunori alla conferma di gran parte della squadra di un anno fa, dall’acquisto del blocco francese al coinvolgimento di un agente (Busardò) in diversi intrecci di mercato, dalla rescissione di Lucioni ai tanti infortuni che hanno tartassato la squadra.
In più si spieghi come si vuole operare a gennaio (Brunori, sempre lui, resta? Va via?) e si chiarisca – una volta per tutte – qual è il ruolo di Bigon nel Palermo. E questo al di là dei titoli che vengono spiattellati nel suo curriculum.
Direttore tecnico globale del City significa che decide tutto lui? Se si lavora di squadra, le scelte vanno prese di comune accordo e le responsabilità condivise. Altrimenti, quando ci sarà da individuare un colpevole, a pagare saranno sempre gli stessi.
E a Palermo siamo già al terzo direttore sportivo in due anni e mezzo.