L’edizione odierna di Tuttosport riporta un’intervista a Brocchi il quale parla in merito al campionato di B.
Dieci giornate derubricate e la Serie B è già quel pazzo, magico, unico mondo in cui le certezze si accumulano e si sgretolano in poco tempo, dove accanto a giocatori conosciuti si fanno largo sorprese destinate a palcoscenici più nobili, un campionato nel quale quest’anno ci sono anche campioni del mondo che allenano (Grosso a Frosinone con tanto di primato in classifica, Inzaghi a Reggio Calabria dove è stato leader del torneo fino a un paio di partite fa, De Rossi fresco di prima vittoria con la Spal, Cannavaro che a Benevento ha già addentato il pane duro della categoria), giocano (Buffon a Parma, Fabregas a Como) o sono soci di club ambiziosi (Henry a Como).
Tuttosport ha deciso di stilare un primo bilancio con Christian Brocchi, uno che la categoria l’ha frequentata sulle panchine di Brescia, Monza e Vicenza e il cui nome è caldo per alcune piazze (da Cagliari a Venezia, da Cosenza a Palermo) dove a breve potrebbe cambiare qualcosa. Mister Brocchi, dal suo osservatorio che Serie B sta vedendo? «Come ogni anno su molte squadre ci sono aspettative alte, ma i posti per salire sono sempre quelli: due più uno. Normale che qualche favorita stia avendo problemi, è sempre stato così e così sempre sarà. Alla fine i veri valori usciranno, ma almeno un paio di club non riusciranno a centrare il grande obbiettivo».
Tra le retrocesse, solo il Genoa, dopo una partenza non brillantissima, ha trovato ora la testa della classifica mentre Cagliari e Venezia sono già in ritardo. Come lo spiega? «Hanno inserito giocatori nuovi, ci vuole tempo per trovare amalgama e compattezza. Il Venezia l’ho visto dal vivo sabato a Brescia. Molte partite in B si decidono con gli episodi, ma per arrivare a quelli devi prima trovare un attitudine di squadra. Ci vuole umiltà, la B non si vince solo con i nomi e alcuni giocatori fanno meno fatica in A che in B».
C’è già stato un gran baillame di panchine: otto cambi considerando i due a Perugia e quelli di Sudtirol e Palermo ancora prima dell’inizio del campionato, tralasciando gli hinterim di Sudtirol e Como con Greco e Guidetti. Tutto nella norma? «Le aspettative delle società sono sempre più alte, a maggior ragione quest’anno con tante pretendenti. C’è poco tempo quindi di aspettare i risultati, si vuole tutto e subito. In realtà serve cultura del lavoro e lo stesso modo di pensare tra società, allenatore e giocatori. In Serie B si vince con la continuità, la pazienza. Non può essere sempre e solo colpa dell’allenatore, al quale servono anche giocatori con determinate caratteristiche». Quali giocatori le stanno piacendo? «Faccio due nomi per non doverne fare troppi. Se vuoi vincere questo campionato un centravanti come Coda (Genoa, ndr) è quello che ti sposta gli equilibri. Nicolussi Caviglia lo conosco da quando era nelle giovanili della Juventus: ha avuto qualche problema fisico, ma ora che sta bene dimostra le sue grandi potenzialità. Aggiungo anche Galazzi, dato che sabato ero appunto a Brescia e l’ho visto dal vivo».
A proposito di Nicolussi Caviglia, lei non è tra quelli sorpresi dell’ottimo momento del Sudtirol, come mai? «Troppi pensavano sarebbe stata la cenerentola del campionato solo perché non conoscono i reali valori dei giocatori di questa squadra. Io non sono stupito, so cosa valgono. Il fatto che non debbano per forza vincere e la scarsa mediaticità che c’è su di loro sono un valore aggiunto. Quest’anno è difficile pensare a quattro squadre che retrocederanno, la lotta per la salvezza sarà ancora più entusiasmante di quella per la promozione».