L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta l’editoriale del giornalista Carlo Brandaleone: “È storia ormai nota a quasi tutti gli appassionati di calcio siciliani che Palermo e Licata – che saranno di fronte domenica – sono legate a filo doppio. E che la squadra agrigentina visse negli anni Ottanta il miglior periodo della sua vita grazie a un forte e prolungato contributo di calciatori palermitani. Tutto cominciò con Zdenek Zeman, che dopo avere allenato la squadra Primavera del Palermo iniziò la sua carriera da professionista proprio a Licata nella stagione 1983-84, in Serie C-2. L’operazione ebbe una forte matrice politica. Il senatore Curella, a cui stavano a cuore le sorti del Licata, chiese a Giovanni Matta, collega di partito (Dc) di intercedere presso il fratello Salvatore (ai tempi vicepresidente rosanero) perché il Palermo desse in prestito al Licata alcuni giovani di valore. Salvatore Matta andò oltre e consigliò al Licata non solo i giovani più promettenti ma anche Zeman, che li allenava nella Primavera. Con Zeman il Licata divenne un «laboratorio» che costruì risultati, spettacolo e calciatori. Il suo credo era attaccare sempre e correre più degli avversari. I gialloblù faticavano in allenamento il doppio degli altri con disciplina paramilitare; conoscevano i gradoni dello stadio «Liotta», che facevano su e giù fino allo sfinimento, meglio che le scale di casa propria. E quando qualcuno, stremato dalla fatica, accennava a mollare la risposta era sempre la stessa: «Se ti fermi domenica non giochi».
A Licata arrivarono Campanella, Gnoffo, Romano e Taormina. Ma non andò subito bene, i metodi di Zeman crearono disagi ai giocatori più anziani e il pubblico di Licata arrivò perfino a contestare il tecnico boemo. Dovette ricredersi l’anno successivo, quando da Palermo arrivarono anche Emilio Zangara e Maurizio Schillaci. Fu una stagione esaltante. Il Licata andò in C-1 segnando trenta gol in più del Sorrento che arrivò secondo. Era una specie di «Palermo 2» e nella stagione successiva, quando arrivarono anche Modica, Rosario Compagno e Miranda, eliminò irriverentemente i rosa dalla Coppa Italia. Il Licata era una specie di Ajax del calcio italiano, giocava a ritmi stratosferici praticando sempre il 4-3-3, Zeman cominciava a farsi notare in campo nazionale, non più solo perché era il nipote di Vycpalek.
Così, dopo un campionato di transizione in C-1, nella stagione 1986-87 «Zdenko» cedette per la prima volta alle lusinghe di Pasquale Casillo, neo presidente del Foggia. Le sue origini, la sua giovinezza nella Cecoslovacchia comunista gli avevano ben inculcato il valore del denaro e non si lasciò scappare l’occasione. Sulla panchina del Licata arrivò un altro ex rosanero, Aldo Cerantola. E continuarono ad arrivare calciatori palermitani: Salvatore Tarantino, Tommaso Napoli e anche Ciccio La Rosa, messinese ma bomber rosanero. L’anno successivo sempre con Cerantola in panchina il Licata approdò in B. Quello fu anche l’anno della «rinascita» del Palermo dopo il fallimento. Con la Serie B a Licata arrivò anche Peppe Accardi, un altro palermitano; il primo anno la salvezza fu agevole, nonostante il cambio in panchina tra Paladopulo e Scorsa. Ma alla seconda stagione tra i cadetti la favola era già finita. Il Licata non riusciva a correre più degli avversari come ai tempi di Zeman: richiamare Cerantola non servì a nulla e la retrocessione fu inevitabile. E nella stagione successiva, in C-1, il Licata incrociò per la prima volta in campionato il Palermo. Il 4 novembre del 1990 lo stadio «Liotta» ospitò la squadra rosanero, che s’impose col risultato di 2-0 con i gol di Modica (che era tornato in maglia rosa) e Favo”.