L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta l’editoriale del giornalista Carlo Brandaleone su Santiago Vernazza. Ecco quanto riportato: “Ieri un triste anniversario. Il 13 novembre del 2017 se ne andava Santiago Vernazza detto «Ghito», anzi «Guito», come lo chiamavano in Argentina. Aveva 89 anni. Per i tifosi meno giovani la sua scomparsa è stata un colpo al cuore, perché Vernazza era stato l’eroe dei loro tempi, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta; per i più giovani solo un nome ricorrente nei racconti popolari. Vernazza è stato uno dei grandi attaccanti argentini che hanno giocato a Palermo. E, benché oggi le gesta di Dybala e di Pastore abbiano risalto internazionale, va detto che anche Vernazza in tempi diversi visse momenti di grande popolarità. Prima di approdare al Palermo in Argentina era infatti considerato uno dei migliori goleador, avendo vinto per quattro volte il titolo nazionale col River Plate e la Coppa America del 1955 con la sua nazionale. Come fece Totò Vilardo (il vulcanico segretario del Palermo) a portarlo
nel 1957, all’apice della carriera, in maglia rosa quando il club notoriamente era in bolletta fu un miracolo dell’ingegno. Anche perché dopo tre stagioni e mezzo Vernazza fu ceduto al Milan per la straordinaria cifra di cento milioni di lire. Forse fu la prima vera grande plusvalenza nella storia del Palermo. Di Vernazza s’è detto tanto e s’è visto poco. La tv ai suoi tempi muoveva i primi passi e chi non ha l’età per averlo visto giocare (come chi scrive) deve rifarsi ai racconti e alle foto sbiadite di una Favorita sempre piena. Così, la storia di «Ghito», poeticamente, s’è un po’ mischiata alla leggenda. Vero che segnò 54 gol col Palermo, vero che contro il Como alla Favorita realizzò tre reti in sei minuti, vero anche che alla vigilia di una partita con l’Inter fu «nominato» allenatore per un giorno (sempre dal solito Vilardo) al posto di Vycpalek ed è anche vero che a Genova sbagliò un rigore che condannò il Palermo alla B. Certamente aveva un tiro micidiale, il suo destro faceva paura ai portieri e ai raccattapalle. Benché ci sia chi giura d’averlo visto, non è mai stato provato che abbia sfondato una rete avversaria con una sua bordata. La «leggenda» di Ghito visse nei cuori rosanero dopo il suo trasferimento al Milan, e anche oltre. Anche perché in Italia Vernazza solo a Palermo fu davvero amato; ricambiò tanto affetto con impegno e rimase legato alla città come pochi calciatori. Fu invitato due volte dal club rosa: nel 1984 (su idea di Ferruccio Barbera) e nel 2009. E un’altra volta venne nel 2000 su invito del Giornale di Sicilia per ritirare il premio del «rosanero del secolo». Nel referendum tra i tifosi spopolò, precedendo il compianto Gianni De Rosa. In Argentina aveva aperto una scuola calcio e faceva l’osservatore. Non è vero che suggerì a Zamparini l’acquisto di Pastore, anzi quando lo chiamammo al telefono per sapere qualcosa del «Flaco» ci disse che non lo conosceva suggerendo di prendere Maxi Lopez, che l’anno dopo andò al Catania. E ogni volta che è tornato, accolto come un fratello da Tonino De Bellis, gli occhi di Vernazza si sono riempiti di lacrime. «Ringrazio Dio di avermi portato a Palermo», dichiarò ritirando il premio dei tifosi. Come si riempirono di lacrime gli occhi di molti tifosi quando appunto alla fine della stagione 1960 il Palermo lo cedette al Milan. Un addio doloroso. Ma i fans non sapevano che a poche centinaia di metri dalla Favorita, a Resuttana, faceva già faville con la maglia della Faldese un bomber sedicenne che pochi anni dopo li avrebbe fatti sognare come aveva fatto «Ghito»: si chiamava Tanino Troja”.