L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta l’editoriale del giornalista Carlo Brandaleone. Ecco quanto riportato: “Tra i tanti eventi che sono stati rimandati a causa dell’emergenza sanitaria c’è anche il convegno sul calcio «Football Conference», che si sarebbe dovuto tenere il 24 marzo a Palermo. Un convegno con tanti invitati di rilievo nazionale, tra i quali il manager Fabrizio Lucchesi. Sarebbe stato interessante sentire a quasi un anno di distanza, qualcosa di più sul fallimento del Palermo dalla bocca dell’ultimo direttore generale rosanero. Dell’uomo che avrebbe dovuto rilanciare il club, lo stesso che a pochi giorni dalla mancata iscrizione diceva che tutto era a posto. Insomma, forse avremmo potuto capire se Lucchesi sia stato complice o anche lui vittima dell’Arkus. In ogni caso, non si può dire che le ultime tappe della carriera del dirigente toscano siano state esaltanti. I suoi ultimi tre club sono stati il Latina (fallito), la Lucchese (che non si è iscritta ed è ripartita dalla D) e il Palermo, come ben sappiamo fallito. Non sappiamo quante responsabilità dirette abbia avuto Lucchesi in questi tre disastri, certo non è stato fortunato. Non è stato fortunato soprattutto a scegliersi i compagni di viaggio, almeno a Palermo. S’era affiancato prima a Raffaello Follieri, poi a Salvatore Tuttolomondo ed è strano perché con la sua esperienza avrebbe ben dovuto capire la qualità dei suoi interlocutori. Perché Lucchesi è un manager assai navigato e, a parte queste ultime disastrose avventure, ha fatto anche molte cose positive. Anzitutto a Empoli, col club della sua città natale. Dove ottenne risultati importanti, portò la squadra in A e valorizzò tanti giovani. Ma anche a Firenze, dove ripartì dalla C-2. Fece benino a Pescara e ancor prima se l’era cavata discretamente alla Roma, in un contesto molto complicato, contribuendo nella stagione 2000-2001 alla vittoria dello scudetto. Proprio in quella stagione la strada di Lucchesi incrociò per la prima volta quella del Palermo. Franco Sensi era ancora tra le persone più ricche d’Italia, aveva comprato Nizza e Palermo e Lucchesi, che era il direttore generale della Roma, gestiva a distanza le società «satelliti», con sporadiche visite anche nelle «colonie» con compiti di supervisore amministrativo. Lucchesi veniva di rado a Palermo e ovviamente non entrò mai in sintonia con l’ambiente rosanero, che guardava con un po’ di diffidenza. Con i giornalisti locali parlava poco e con aria di sufficienza, non faceva trapelare nulla sulle reali intenzioni di Sensi, che non nominava mai chiamandolo con deferenza «l’imprenditore». Ma era comprensibile, a quei tempi Roma e Palermo erano su pianeti diversi e probabilmente l’idea che Sensi spendesse denari per il Palermo non doveva piacergli troppo. Il suo rapporto con Palermo, però, si interruppe bruscamente un anno prima dell’uscita di scena di Sensi, che nell’estate del 2002 vendette il club a Zamparini. In modo assolutamente imprevedibile. Si interruppe un pomeriggio di tarda primavera negli uffici di viale del Fante. Quando nel corso di una concitata riunione Lucchesi ebbe un forte «confronto» fisico con un tecnico del settore giovanile. Confronto, anzi scontro, da cui uscì non solo perdente ma anche un po’ traumatizzato. Il compianto Franco Marchione provò a mediare, ma senza alcun successo e Lucchesi quel giorno promise a se stesso che mai più avrebbe messo piede in viale del Fante. Per come sono andate poi le cose avrebbe fatto bene a mantenere quella promessa”.