L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia”, con Carlo Brandaleone, parla dell’orario di inizio di Nola-Palermo, che rievoca diversi ricordi. Ecco un estratto:
“Domenica il Palermo gioca a Nola. Inizio della partita alle 14.30. E tutta la Serie D giocherà a quest’ora fino al 29 marzo. Detta così la notizia non ha alcun rilievo, ma questo orario delle 14.30 riporta nell’immaginario collettivo dei meno giovani a un mondo di ricordi. Il mondo della giovinezza perduta e per questo affascinante, il mondo del calcio in bianco e nero e dei palloni bianchi con i pentagoni neri che pesavano il doppio di quelli attuali. Il mondo del calcio senza social, senza tatuaggi né tv satellitari, quando la Rai trasmetteva solo un tempo di una partita di Serie A alle 19. Un mondo in cui quando iniziava l’autunno tutti i campionati di calcio giocavano appunto alle 14.30, fino alla fine dell’i nve r n o. Molti stadi peraltro non possedevano l’impianto di illuminazione, anche il «Barbera», dove fu installato nel 1986. L’orario delle partite insomma lo dettava il sole più che Sky e le notturne erano previste solo per le competizioni internazionali. In effetti in A e in B questo orario che complicava il pranzo domenicale fu adottato per periodi sempre più brevi fino alla fine degli anni Novanta. Andò definitivamente in soffitta solo nella stagione 1998-99 e il Palermo giocò in B l’ult ima partita alle 14.30 il primo dicembre del 1996, vittoria interna sul Torino con gol di Favi. In Serie A l’aveva giocata molto tempo prima, il 28 gennaio del 1973, quando alla prima giornata di ritorno il Milan passò alla Favorita con un rigore di Rivera. Un rigore molto dubbio, che scatenò le proteste dei fans e costò un turno di squalifica al campo del Palermo. Questa sconfitta nell’ultima partita alle 14.30 della storia rosanero in A segnò l’inizio della fine. Il Palermo non vinse più e chiuse al penultimo posto. Il tecnico Umberto Pinardi fu esonerato e al suo posto fu chiamato Alvaro Biagini, che gestì dignitosamente il disarmo. Ma fu una retrocessione quasi annunciata nonostante il discreto girone di andata; le casse rosanero erano costantemente vuote e Renzo Barbera si arrampicava sugli specchi per far quadrare i conti, come migliaia di tifosi si arrampicavano sui muri della Favorita per non pagare il biglietto. La squadra fu costruita in economia, poi fu rinforzata con giocatori a fine carriera. Ninetto De Grandi, che aveva portato i rosa in Serie A, in estate s’era rifiutato di allenarla ritenendola inadeguata. Nel suo organico gloriose bandiere rosanero come Tanino Troia e Ignazio Arcoleo ma nessun calciatore davvero di prima fascia e qualche personaggio sopra le righe. Il simpatico Bruno Pace era soprannominato, chissà perché, Johnny Walker, Arturo Ballabbio, appese le scarpe al chiodo, andò a fare il missionario in Sudamerica; Angelo Bellavia morì suicida qualche anno dopo. E dopo le tre vittorie nel girone di andata il pubblico si rassegnò presto al ritorno in Serie B. Con la retrocessione la rivoluzione fu a tutto tondo, solo in pochi restarono a Palermo e Renzo Barbera, che teneva sempre in gran conto i consigli di Salvatore Matta, pensò bene di affidare il riscatto all’unico tecnico che nell’anno della retrocessione aveva fatto ancora peggio del Palermo. Quello della Ternana che era arrivata ultima, ovvero Corrado Viciani, profeta del gioco corto. Fu una straordinaria intuizione, perché l’anno successivo il Palermo di Viciani diede spettacolo in B col suo tiki-taka. Il Palermo non vinse il campionato, ma arrivò in finale in Coppa Italia, perdendo immeritatamente a Roma contro il Bologna”.