L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta l’editoriale del giornalista Carlo Brandaleone. Ecco un estratto: “La scorsa settimana Gianni Di Marzio ha compiuto ottanta anni. E in questi ottanta anni ha fatto di tutto nel calcio. Ha giocato, ha allenato, ha scoperto grandi talenti (fu tra i primi a notare Diego Maradona), ha fatto il direttore sportivo, il commentatore televisivo e a più riprese è stato consulente di Zamparini. Ma nella sua carriera può vantare un record a dir poco singolare: quello di essere stato l’unico allenatore uscito dal campo tra gli applausi nonostante la sua squadra fosse retrocessa. È accaduto a Palermo alla fine della stagione 1991-92, quando i rosa precipitarono in C-1 per la peggiore classifica avulsa nei confronti di Venezia, Casertana e Taranto, con cui erano arrivati a pari punti. L’ultimo successo casalingo contro la Lucchese, il 14 giugno del 1992, davanti a trentamila spettatori, fu inutile. Le notizie che giungevano dagli altri campi condannavano il Palermo al terzultimo posto, decisivo fu il successo del Taranto a Piacenza. Ma Di Marzio, che era subentrato a Ferrari dopo otto giornate di campionato, uscì dal campo tra gli applausi. Aveva ottenuto la media di un punto a partita, in casa il Palermo aveva vinto quasi sempre (Rizzolo, Centofanti e Cecconi i giocatori di maggior rilievo), insomma poco rimproverarono i fans al tecnico. Ma quella retrocessione ebbe uno strascico «giudiziario» nato proprio nella redazione del Giornale di Sicilia. Parlando con la sua colf il caposervizio alla cultura Totò Rizzo aveva appreso che il giorno stesso della retrocessione del Palermo il giocatore del Piacenza Guido Di Fabio era tornato dallo stadio infuriato e con qualche livido. Perché alla fine della gara che il Piacenza aveva perso in casa col Taranto (0-1) parte della squadra di casa (tra cui Di Fabio) aveva fatto a botte con cinque compagni, che avevano giocato per fare vincere i pugliesi. Di Fabio la sera stessa raccontò tutto alla moglie Concetta Musicò che lo raccontò a un suo amico palermitano che restò sempre sotto le iniziali P. P. Questo registrò tutto in quanto tifoso dei rosa e a sua volta riferì alla colf di Rizzo perché la notizia arrivasse al quotidiano. Poteva sembrare una storia da niente ma c’erano le registrazioni, il Giornale di Sicilia sparò la notizia in prima pagina e la Federcalcio aprì il giorno successivo l’inchiesta. Il presidente del Palermo Giovanni Ferrara fu immediatamente convocato a Roma dalla Procura Federale, tutti i giornali d’Italia cominciarono a dare risalto alla notizia dell’inchiesta, ci chiamò Candidò Cannavò, direttore della Gazzetta dello Sport, che ci chiese se la questione poteva definirsi seria. Molti giornali avanzavano già l’ipotesi che il Taranto dovesse retrocedere direttamente e che il Palermo dovesse giocare uno spareggio con la Casertana per stabilire l’ultima squadra da mandare in C-1. Furono giorni convulsi, il capo della Procura Federale, Consolato Labate, interrogò i calciatori del Piacenza, del Taranto che negarono tutto. Non fu facile fare luce su una vicenda nata tra la cucina e il tinello di una casa di Piacenza e svelata da una colf che non capiva nulla di calcio. Ma che aveva del verosimile. Il Taranto che vinse a Piacenza su rigore non vinceva fuori casa da due anni e in quella stessa estate due giocatori del Taranto (Turrini e Ferazzoli) passarono proprio al Piacenza. Nonostante gli indizi e le registrazioni, la giustizia sportiva però non cambiò il verdetto del campo. Tutto fu archiviato dopo qualche settimana perché i protagonisti della vicenda (la moglie di Di Fabio anzitutto) non erano tesserati, non potevano essere ascoltati dalla Procura della Figc e le registrazioni non potevano essere acquisite come prove”.