L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta l’editoriale del giornalista Carlo Brandaleone: “L’emergenza sanitaria planetaria ha ovviamente fermato anche le partite di qualificazioni per i Mondiali in Qatar del 2022. Erano in corso i gironi eliminatori in Sudamerica e in Asia. Nulla fa pensare che in quella data non si sarà tornati alla normalità, tuttavia immaginiamo che un filo di apprensione stia sfiorando anche i miliardari del petrolio che hanno puntato fortissimo su questa vetrina sportiva. I Mondiali di calcio, insieme con le Olimpiadi, costituiscono un evento unico, capace di parlare a miliardi di persone e di coinvolgere interessi commerciali di enorme rilievo.
Anche per i giornalisti sono il top, il massimo a cui aspirare e chi scrive ha avuto la fortuna di viverne quattro direttamente. Italia ’90, Usa ’94, Francia ’98 e Germania 2006. Due finali e una semifinale con gli azzurri.
Sono state tutte manifestazioni straordinarie per la qualità del calcio offerto, ma soprattutto per la presenza di tifosi di ogni parte del mondo. Manifestazioni che hanno dato spunto per tante storie calcistiche e non solo. Ed è ovvio che l’edizione del 2006 resterà quella più «partecipata». Per la vittoria della Nazionale in Germania e per la presenza assolutamente inedita nella squadra italiana di tanti «amici» rosanero. Mai in un ritiro della Nazionale ci eravamo sentiti così… a casa. C’erano Barzagli, Zaccardo e Barone, c’era Luca Toni che l’anno prima era stato ceduto alla Fiorentina. E c’era Fabio Grosso che era in procinto di passare all’Inter. Ma c’era in quel Mondiale un altro rosanero, Mark Bresciano, che proprio dopo la sconfitta della sua Australia contro gli azzurri confessò di avere appena firmato col Palermo.
Di quel Mondiale molte cose abbiamo scritto, ma non tutto. E con quattordici anni di ritardo proviamo a mettere insieme i ricordi di una vicenda davvero poco sportiva nata in un pub di Kaiserlautern alla vigilia della gara tra gli azzurri e gli Usa del 17 giugno. C’era un pub fumoso, vicino lo stadio «Fritz Walter», una classica birreria tedesca dove si beveva e si faceva la lap dance. Era presto, c’era poca gente e ci colpì una tabella ben visibile vicino alla cassa «no credit card». Strano per un posto tanto internazionale; così chiedemmo al padrone, che era di origini italiane, il motivo di quel cartello.
La spiegazione fu sconvolgente. Va detto che Kaiserlautern, cittadina di centomila abitanti nella Foresta Nera, era (lo è tuttora) una delle principali basi militari Nato e ospita un importante ospedale militare, da cui giornalmente arrivavano i feriti e i morti della guerra in Iraq. Un continuo via vai di aerei sorvolava la città portando barelle e bare. Il proprietario del pub ci spiegò di non prendere più carte di credito dopo le prime contestazioni, soprattutto dagli Usa. Più precisamente, mogli di soldati ricevevano estratti conto con spese sulla carta di credito del marito, benché il marito fosse morto da tempo. Ben prima delle date degli addebiti. E ovviamente bloccavano i pagamenti. «Il mio contenzioso con le principali carte di credito è attualmente di novemila euro – raccontò il proprietario del pub – ma se andate in giro per la città troverete altri pub con situazioni simili». Insomma, c’era un mercato nero di carte di credito di soldati portati già morti dall’Iraq o deceduti in ospedale. Venivano sottratte ai poveretti, poi rivendute in città e utilizzate immediatamente prima dell’invio del relativo estratto conto.
Non sappiamo chi rubasse carte di credito in quell’ospedale di reduci dall’Iraq, immaginiamo che ci sia stata un’indagine. Saranno stati commilitoni senza scrupoli? Medici? Infermieri mariuoli o addetti alle pulizie a caccia di soldi facili? Ma l’idea che qualcuno possa avere usato una carta di credito sottratta dalla tasca o dal portafogli di un soldato appena morto per pagare alcool e belle ragazze ci rapì per qualche ora dal clima di festa che si respirava a Kaiserlautern, dove in onore delle squadre partecipanti sfilavano per l’intera giornata carri allegorici come al Carnevale di Rio”.