L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul boom di contagi in Sicilia e riporta un allarme lanciato da Antonio Cottone.
Sale da ballo chiuse, saracinesche abbassate per due ristoranti su tre e il veglione dell’ultimo dell’anno si sposta nelle case private. Controlli azzerati e il rischio è l’ennesima impennata del virus. A lanciare l’allarme è Antonio Cottone, presidente della Federazione italiana pubblici esercizi Confcommercio Palermo: «A Capodanno molti ristoranti rimarranno chiusi per le disdette degli ultimi giorni. Ma attenzione all’effetto boomerang, sarà boom di contagi nelle feste private».
Come si stanno organizzando i ristoranti per l’ultimo dell’anno? «Nei ristoranti si potrà solo cenare stando seduti al tavolo, ma non ci si potrà alzare a ballare, nonostante siano ammessi i dj set e la musica dal vivo. La gente, però, ha voglia di ballare e di divertirsi e, se non può farlo al ristorante, si organizza di conseguenza».
In che modo? «Festeggiando nelle case private. Sa quante volte mi è stato chiesto se era possibile fare il trenino di Capodanno al ristorante? Rispondo di no e mi dicono che lo faranno a casa propria dove nessuno può impedirglielo».
E dove non ci sono controlli… «Esatto. E l’effetto è uno solo. Il buco nelle prenotazioni nei ristoranti diventerà una voragine per la sanità: temo un boom dei contagi».
In quanti festeggeranno a casa? «Almeno due palermitani su tre, negli esercizi commerciali il 70% di chi aveva prenotato ha disdetto».
E’ così anche nel resto della Sicilia? «Sì. A Catania va anche peggio e fioccano le disdette. In tutta la Sicilia, gli esercizi commerciali si arrendono a questo trend negativo».
In che modo? «Annullando i veglioni di Capodanno. Le normative ci consentono di restare aperti, ma i numeri costringono alla chiusura sette ristoranti su dieci. I pochi che resteranno aperti, nella maggioranza dei casi, rinunceranno alla musica dal vivo per abbattere i costi».
Troppe spese e incassi bassi? «Esatto, molti ristoranti non possono permettersi di restare aperti viste le poche prenotazioni. Il confronto con il 2019 è sconfortante: prima della pandemia, già a novembre molti erano sold out per il cenone».
Con un danno per il fatturato. «Gli incassi sono almeno dimezzati e il buco di fatturato per molti ristoranti ha significato chiusura e dipendenti in cassa integrazione. Alla fine, la ristorazione è ancora una volta il settore più colpito dalle restrizioni, nonostante i ristoranti siano un luogo sicuro visto il rispetto delle misure anti-Covid».
Le restrizioni, però, sono l’unica arma contro il virus. Non trova? «Senz’altro, ma resta un periodo drammatico e le cose potrebbero andare peggio se il Covid continua ad accelerare la sua corsa».
C’è una soluzione? «Estendere i controlli anche dentro casa e agli eventi privati. Ma, alla fine, i ristoranti chiudono e le feste vengono effettuate lo stesso. A casa e senza controlli».