Bonseri segna, lo insegue la Serie C: «Però io preferisco il mio lavoro»

L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sulla storia di Mattia Bonseri.

L’anti personaggio esiste anche nel mondo del calcio. Vive a Cavenago da quando è nato, gioca a Vimercate nel Leon, in Eccellenza. Periferia della Grande City milanese dove i sogni dei ragazzi si mischiano tra i palazzoni e quella campagna che ancora resiste alla cementificazione esasperata. Mattia Bonseri, 27 anni, è il bomber dei bomber tra i dilettanti. Nell’ultima stagione ha segnato 49 gol tra campionato e Coppa Italia di categoria (36+13), l’anno prima ne aveva messi a referto comunque 21 in Serie D. Se prendiamo in esame le ultime tre stagioni, ha già superato la tripla cifra. Cosa ci fa un talento così nel sottobosco del calcio italiano? Il solito problema di scouting che attanaglia le squadre tricolori? Giri malsani di procuratori, direttori sportivi e presidenti? Nossignori. Quella di Mattia Bonseri è una scelta di vita. E non da oggi. Anche quest’estate si è trovato a dover dire no a offerte non banali da team professionistici. Per lui il calcio è passione, divertimento, ma non può essere un lavoro. Appesa al muro ha una laurea triennale in Economia e una magistrale in management delle imprese.

Lavora in un’azienda di consulenza strategica, che sia di proprietà del presidente della squadra dove gioca ci aiuta a capire il personaggio, ma non spiega tutto. «Non lavoro lì perché gioco da lui, ma nemmeno gioco nel Leon solo perché lavoro nella sua azienda». È un gioco d’incastri, scelte di vita. «Amo il calcio – dice Mattia Bonseri – ma non al punto da pensare che possa darmi un futuro». Ci hanno provato in tanti ad offrirgli il mondo (fatato?) dei professionisti, giocandosi anche la carta della vicinanza geografica del suo micromondo: Pro Sesto, Pro Patria, Sangiuliano City, club che potevano mettere sul piatto una Serie C giusto per cominciare. Avrebbe potuto essere il trampolino per poi salire ancora più su. Perché se uno a 27 anni segna una cinquantina di gol in Eccellenza, vuoi che non possa pensare a una carriera vera e propria con il pallone tra i piedi? È già successo ad altri, accadrà ancora. Storie come quelle di Torricelli, Hubner, Diamanti, Vardy si ripetono ciclicamente. Poteva essere così anche per Bonseri. Niente da fare. «Non è un problema di allontanarmi da casa, ma di allenamenti al mattino o al pomeriggio quando io sono in ufficio. A calcio posso giocare solo la sera o nei week end, quindi il mio è e rimarrà sempre uno status da dilettante. Molti mi dicono che sono matto, che non sanno quello che mi sto perdendo. Mi avvicinano amici, procuratori, gente che dopo avermi visto giocare un paio di partite s’impressiona e non accetta che uno con le mie qualità debba giocare nella quinta serie. Ma io sono sempre stato così, penso a ciò che mi fa star bene».

Fin da ragazzino, quando prima il Milan e poi l’Atalanta lo provinarono. «Preferivo giocare con i miei amici, avrei voluto che anche tutti loro fossero presi – svela Mattia Bonseri – ma era ovviamente impossibile e quindi rimasi a giocare con quelli con cui volevo crescere e formarmi». Non è mancato chi, forse per provare anche a farlo reagire e cambiare idea, gli ha detto in faccia che la sua era, ed è, una scelta di comodo, che gli manca la giusta cattiveria agonistica per mettersi in discussione ai piani più alti. «Gli altri pensano di sapere cosa sia giusto per me, ma solo io so cosa lo è e cosa no. Ho provato a parlare con il mio datore di lavoro, che è anche il presidente della squadra dove gioco, e in tutta onestà mi ha detto che se avessi voluto provare la strada del professionismo non mi avrebbe certo legato al Leon, ma avrebbe dovuto abbassarmi di un livello in ufficio perché il nostro lavoro richiede massimo impegno e presenza. Ha ragione. E io sto bene dove sto». Anche grazie a due genitori, che gli hanno trasmesso valori e senso del dovere. Mamma bibliotecaria, padre impiegato. «Non sono mai stati quelli che pensavano di avere un campioncino in casa, anche se ho sempre segnato tanti gol. Mi hanno tenuto con i piedi per terra». Come in campo «dove gioco dove serve. Sono un attaccante esterno, ma visto quanto segno non ho problemi a fare la prima punta o in certi momenti della partita anche il quinto di centrocampo»”. Il grande calcio lo vive a San Siro: «Tifo Milan e appena posso vado allo stadio. Kakà e Schevchenko gli idoli che mi hanno fatto innamorare di questo sport». Eppure, anche questo anti personaggio ha un sogno calcistico: «Giocare anche soli pochi minuti in Serie C con il Leon. Non chiedo altro».

 

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Redazione Ilovepalermocalcio