L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla gara vinta dal Lecco a Palermo e riporta le parole di Bonazzoli.
Aveva lasciato la Serie B che sembrava Rambo: capelli lunghi e sudati e spettinati, fascetta sulla fronte per tante battaglie a caccia dei gol. Dieci anni dopo, per la precisione 3.860 giorni, s’è ripresentato in categoria con i capelli corti, la faccia pulita e la solita voglia di lottare, stavolta per salvare il Lecco. Da allenatore. Dal 2-0 subìto a Cesena con il Padova il 27 marzo 2013 a quello in casa contro l’Ascoli il 21 ottobre 2023. E’ tornato Emiliano Bonazzoli, uno che aveva lasciato il segno in B (167 partite, 36 gol) ma anche in A con Parma, Verona, Reggina, Sampdoria e Fiorentina. Chiusa in C nel 2016 riportando in B il Cittadella la vita da bomber, ecco quella da tecnico.
Quando ha deciso di smettere di giocare, la prima scelta è stata quella di allenare?
«No. Mi allenavo con una squadra di Prima categoria, per passione. Il presidente mi ha chiesto un aiuto per salvare la squadra, ho provato ad allenare e mi è piaciuto tanto».
All’improvviso, la B a Lecco.
«Non me lo aspettavo, l’anno scorso ero in D… Il d.s. Fracchiolla cercava un allenatore esperto, ma mi ha chiamato e mi ha detto che aveva un’idea strana: dare la squadra a me e Malgrati. E così è andata».
Come si lavora in coppia?
«Andrea e lo staff mi hanno accolto benissimo, come un vecchio compagno, e siamo subito entrati in sintonia lavorando nella stessa direzione».
Cosa ha pensato dopo il debutto contro l’Ascoli?
«Intanto non ero più abituato alle telecamere… (ride) Ho guardato solo al campo, abbiamo perso con una prestazione positiva, quindi non mi sono demoralizzato: c’era la mentalità giusta per tirarci fuori».
Si è visto eccome con le vittorie a Pisa e a Palermo!
«Pesanti… Contro squadre veramente forti, in due stadi importanti. Ci hanno dato una bella iniezione di fiducia, anche perché oltre ai punti ci sono state anche le prestazioni».
Come ha ritrovato la B rispetto a quando ci giocava?
«Con squadre molto esperte e competitive, magari con qualche stella in meno rispetto ai miei anni, quando c’erano più giocatori che scendevano dalla A. E allora c’era meno tattica, non c’erano i match analyst che oggi aiutano tantissimo».