Benevento, Vigorito: «Dopo 17 anni alzo bandiera bianca, non abbiamo fatto campionato dignitoso»
Il patron del Benevento Oreste Vigorito ha parlato ai microfoni di OttoChannel dopo la sconfitta odierna contro il Cittadella.
Di seguito le parole:
«Non voglio aggiungere o dire parole, questo non è il momento delle parole. Voglio dire ai tifosi che il sottoscritto oggi, per la prima volta dopo 17 anni, alza bandiera bianca. Non siamo riusciti a fare quello che tutti avremmo desiderato, lo devo accettare. Non abbiamo fatto il campionato dignitoso che ci aspettavamo all’inizio, e non potevamo pensare di salvare tutto negli ultimi tre mesi. Il mio pensiero e ringraziamento va alla tifoseria giallorossa, che in un anno ha visto svanire 17 anni di sacrifici che ha fatto con me. Ho tolto il sorriso a qualcuno, ma anche a me stesso. Il calcio è parte della mia vita, 17 anni non andavano sciupati in 11 mesi. Non si fanno le analisi a caldo, si fanno le analisi per cercare di non ripetere gli stessi errori. E’ stato un anno molto difficile, per gli errori di tutti e per quello che è l’imponderabile gioco del calcio. Vorrei che si pensasse che oggi si poteva arrivare qui, vincere e continuare a correre. Una volta dissi di non ammainare le bandiere, ma c’era tanto di più: c’era voglia di un traguardo che tutta la città voleva e che ho dato. I colori giallorossi sono i colori del mio calcio, se potessi dipingerei tutti gli stadi di giallo e rosso, ne farei i palloni e i prati di tutti gli stadi d’Italia. I colori però sbiadiscono. Dobbiamo fare tutti un’analisi dei propri errori, a partire da me, ma anche le istituzioni. Noi facciamo gli errori, ma noi siamo gli altri per voi e voi siete gli altri per noi. Il colpevole non c’è, è il Benevento Calcio: il sottoscritto e gli addetti ai lavori. Gli errori vanno rivisti in un momento di approfondimento, per continuare. Ma non è il momento di parlare di questo. E’ il momento di stringere le bandiere, conservarle, e trovare quel posto che c’è. Chiudiamo gli occhi e pensiamo non agli stadi che abbiamo calcato, ma tutte le volte che siamo stati insieme nella gioia. Dobbiamo stare insieme anche nel dolore, io con voi e voi con me, al di là delle responsabilità che mi assumo. E’ vero che io non gioco, ma sono io che li mando in campo e quindi sono responsabile come loro».
«Domani è un altro giorno. Sarà un giorno in cui il sole sorgerà, vedrà i colori giallorossi sempre da qualche parte, mi auguro al Ciro Vigorito. Mi auguro che si utilizzi quest’esperienza per i ragazzi più giovani, di vent’anni, che hanno vissuto 17 anni di grande calcio a Benevento. Il tifoso storico, che ha vissuto anni senza B o A, è certamente deluso ma credo abbia la corazza e la speranza di potersi riprendere. Ho visto bambini togliere le maglie dell’Inter o della Juventus e cominciare a indossare quella del Benevento. Solo incollando sulle proprie spalle le sconfitte ci può rialzare, sono abituato a perdere ma anche a riprendermi. Un uomo non è debole perché perde, un uomo è forte perché si riprende. Ci sono due giorni dell’anno in cui non si può fare più nulla: ieri e domani. Possiamo solo pensare a oggi. Sono preoccupato, dispiaciuto e amareggiato per la tifoseria e per la città, a cui sono legato. Questi 17 anni non torneranno più, domani non so cosa succederà. Non voglio far preoccupare nessuno, ma aspettiamo domani. Ora è presto per fare domande. Non sono qui per salvare la faccia, volevo parlare con qualcuno. Quando si scivola in mezzo alla strada molti ridono, io non ho mai riso perché ho pensato qualcuno si fosse fatto male. E non rido neanche adesso».
«Se i tifosi pensano che senza Vigorito non possa esserci calcio l’intera città si deve interrogare, perché un uomo solo non fa calcio. Nel calcio ho cercato amicizia e affetti che non ho avuto tempo di costruirmi nella vita, per strada ho perso anche molte cose. Domenica non era una cosa facile, ho sempre pensato che i vari nomi che si sono alternati in Curva Sud sono tutte persone che sapevo di ritrovare la domenica quando passeggiavo da solo sul campo verde. Immaginare di non offrire uno spettacolo a chi è lassù è difficile. So che li ritroverò, spero loro possano ritrovare me, che è la cosa più difficile».