«È una domanda a cui è difficile rispondere. Fallire e ripartire dalla D darebbe il vantaggio di azzerare il fardello dei debiti e degli ingaggi sottoscritti da altri. È capitato anche a società gloriose che hanno vinto degli scudetti. È anche vero che bisognerebbe poi rifare una squadra e ripartire daccapo. L’avvento di una nuova proprietà, invece, scongiurerebbe il fallimento, ma i benefici maturerebbero solamente con il raggiungimento della Serie A, laddove si potrebbe contare su una trentina di milioni di diritti tv. La condizione è quella che l’acquirente sia abbastanza forte da poter sostenere un investimento di tale portata. Bisognerebbe capire con esattezza l’ammontare dei debiti e dei contratti in essere del club. Quello è un discorso che può essere fatto solo potendo accedere alla documentazione completa. Innanzitutto occorre considerare la questione dell’indebitamento del club, e io non conosco l’ultimo bilancio del Catania. Una stagione di Serie C senza che si nutrano particolari ambizioni costerebbe un paio di milioni circa. Per provare a vincere il campionato ne occorrono almeno il doppio. Un investimento di tale portata sarebbe giustificabile con un ritorno economico che solo il massimo campionato italiano può garantire. Per provare a raggiungere la Serie A occorrerebbe pianificare una spesa triennale, considerando che un’annata può sempre andar male, di almeno venti milioni di euro. Questa cifra esclude i debiti del sodalizio etneo. È un bene nel momento in cui vi è maggiore certezza della situazione economica e finanziaria dell’azienda. È difficile però pensare che una cordata con numerosi imprenditori, come quella che si è esposta per rilevare il club, possa trovare un accordo in una situazione così complicata. Due o tre imprenditori rappresenterebbero, secondo me, la soluzione ideale. L’azienda non ha il controllo diretto o la maggioranza relativa del club – Meridi detiene quasi il 5% del pacchetto azionario del Calcio Catania, ndr – per cui le quote andrebbero agli altri azionisti (di fatto a Finaria, ndr.). Sarebbe compito dei curatori chiederne conto al club etneo e cercare di recuperare il credito. Come soluzione alternativa i commissari potrebbero tentare di trovare un acquirente per il residuo di quote, in modo da poter recuperare i soldi. Io credo che sia una questione di opportunità. Mi spiego: se io ho un bene come Torre del Grifo, che, ricordiamolo, è pagato solo parzialmente, cerco di venderlo insieme alla società ad esso legata. È vero che il centro sportivo sarebbe vendibile separatamente, visto che non appartiene direttamente al Catania, ma staccato dalla sua squadra perderebbe di valore. In quel caso si dovrebbe far fronte a un mutuo senza poter usufruire del volume di affari che si viene a creare grazie all’esposizione mediatica garantita dalla squadra di calcio. Senza il Catania la struttura, per quanto funzionale, resterebbe staccata da un certo circuito. Anche se il centro è portatore di un debito, ha un suo valore, che è pari alla somma già corrisposta al creditore. Il compratore, da parte sua, potrebbe voler pretendere di pagare solo la parte restante del debito. Dipende molto, come ho detto, dalla solidità e dalla volontà della cordata di portare a termine un’operazione molto dispendiosa e che potrà avere un ritorno solo con l’approdo in Serie A. La difficoltà nel passaggio di mano del Catania sta anche qui: è vero che gli investitori, anche quelli stranieri, preferiscono piazze importanti, e Catania lo è, ma con tutte queste problematiche tendono a guardare altrove. Finché non si risolveranno le questioni legali di Pulvirenti il club resterà ostaggio della situazione, anche se i problemi non sono direttamente legati ad esso. Posso immaginare che il Credito Sportivo, in quanto creditore privilegiato, da contratto possa vantare un’ipoteca che blocchi le operazioni di vendita fino a quando il mutuo sarà estinto. Per essere certi di questa ipotesi bisognerebbe però visionare i contratti. Nel primo caso resterebbe all’interno della galassia-Pulvirenti, poiché il club non ha proprietà diretta sull’impianto. Invece, in caso di fallimento del gruppo di Pulvirenti, Torre del Grifo diventerebbe uno degli asset principali dei curatori per far soldi. Verrebbe venduto, e il ricavato andrebbe in prima istanza al Credito Sportivo, in quanto creditore privilegiato, e poi agli altri soggetti creditori nei confronti del gruppo». Queste le parole del giornalista del “Sole 24 ore”, Marco Bellinazzo, rilasciate ai microfoni di “Mondocatania.com” in merito alla situazione della società etnea.