L’edizione odierna de “La Repubblica” ha riportato un’intervista alla palermitana Beatrice Quinta arrivata in finale ad XFactor qualificandosi seconda.
«Sono fiera della mia finale» ha affermato Beatrice Quintaprima di salire sul palco del forum di Assago per l’ultima puntata di X Factor, lo show Sky Original prodotto da Fremantle, in onda su Sky Uno e in chiaro su TV8. Per la cantante palermitana classe 1999 la corsa alla vittoria si è fermata al secondo posto. Hanno trionfato i Santi Francesi. Ma vista la tenacia e la determinazione mostrata da Beatrice su quel palco, c’è da scommettere che X Factor sia stato per lei solo l’ottimo incipit di una avventurosa storia ancora tutta da scrivere e da vivere.
Beatrice, che sensazione si prova a risvegliarsi dal sogno ad occhi aperti di X Factor? «È un risveglio molto strano perché, vivendo per un botto di settimane insieme agli altri concorrenti, focalizzata sulla musica e le performance da preparare, tornare alla vita normale è come uscire di colpo da dentro una bolla. Nel bene o nel male questa bolla scoppia e ti devi comunque adattare al nuovo ambiente in cui ti infili».
X Factor le ha dato un assaggio di quella che potrebbe essere la sua carriera di pop-star… «È un’esperienza fantastica. Sì, avrei voluto vincere ma per far gasare Dargen che mi ha messo sotto la sua ala. Ora mi interessa capire come mi sentirò fuori da qua e fare uscire i miei brani».
Ha in programma di tornare a breve in Sicilia? «Di sicuro dovrò tornare, perché mio papà e mia mamma poi chi li sente… Scherzi a parte, oltre a tornare per stare un po’ con la mia famiglia, voglio tornare anche per nutrire la mia creatività. Ora che sono lontana da Palermo capisco meglio cosa è in grado di donare la mia città agli artisti».
Per la serie Palermo è perfetta per creare e Milano è l’ideale per proporre? «Ho scritto tante cose anche a Milano ma scrivere a Palermo è una dimensione differente. Ricordo che quando firmai il mio primo contratto discografico, il capo dell’etichetta mi disse: fai musica a Palermo e poi portala a Milano, ma falla a Palermo. E io non avevo capito che intendesse. Adesso, vivendo da qualche anno a Milano, capisco che la mia Palermo dona agli artisti una cosa preziosissima, fondamentale: il tempo di poter rallentare, per poter vivere l’arte nella sua pienezza. Ecco perché, appena sarà possibile, tornerò giù per scrivere. Perché a Palermo già quando arrivi all’aeroporto vedi che le persone rallentano. E questo mi piace. La lentezza è qualcosa che ti permette di respirare, di riflettere di più, di comprendere davvero ciò che fai. Invece Milano è un po’ più frenetica».