L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul Bari ad un passo dalla Serie B riportando un’intervista al sindaco Decaro.
Stavolta ci sarà anche a lui a spingere il Bari verso la serie B. Assente contro la Fidelis Andria a causa del Covid, il sindaco Antonio Decaro sarà in tribuna allo stadio Francioni di Latina, dopo avere accolto l’invito del primo cittadino della città laziale, Damiano Coletta. È giusto che ci sia nel momento della verità, visto che la storia del Bari dei De Laurentiis è stata ispirata proprio da lui. «Ma io avrei voluto che il Bari chiudesse i conti anche in mia assenza», scherza Decaro.
«Domenica scorsa, mi sono fatto portare la sciarpa nella mia stanza e ho sperato sino all’ultimo di esultare in solitudine per un gol del Bari. Non è andata così, è stata una partita strana: il Bari si è fatto imbrigliare dalla Fidelis Andria e non ha interpretato la gara come avrebbe dovuto. Adesso ci riproviamo a Latina. Come tutti baresi, non sto più nella pelle». Ha un rito scaramantico per partite così importanti?
«Assolutamente sì, ma non lo svelo, altrimenti non funziona. È ben noto, invece, che quando in casa la partita non va per il verso giusto, lascio la tribuna d’onore e raggiungo i miei amici».
Quanto sente suo questo momento, visto che quattro anni fa è stato in prima linea per la resurrezione del calcio barese dopo il fallimento? «Non ho mai avuto dubbi che quella dei De Laurentiis sarebbe stata la scelta giusta. I fatti lo stanno dimostrando e questo mi rincuora. Quattro anni fa, quando il Bari toccò il fondo, in un incontro con i tifosi allo stadio della Vittoriapromisi che il calcio a Bari non sarebbe finito. Ora è bello pensare che siamo a un passo dalla B, esattamente dove eravamo prima».
I tifosi sono un po’ preoccupati perché entro due anni i De Laurentiis dovranno decidere se restare al Napoli o tenersi il Bari. Non so francamente cosa accadrà, ma ho una certezza: anche se dovessero lasciare il Bari, i De Laurentiis lo lascerebbero in buone mani. Ma adesso pensiamo a raggiungere il traguardo ambito da tutti i tifosi».
Che effetto le ha fatto vedere i 25mila del San Nicola in occasione del derby con la Fidelis Andria? «Straordinario, ma la cosa non mi sorprende. Quando tra i baresi scocca la scintilla, non c’è nessuno che li possa fermare. L’altra faccia della medaglia è quando non arrivano i risultati, i miei concittadini diventano di pessimo umore. C’è una fortissima identificazione tra città e squadra».
Lei si è assunto una grande responsabilità quando, dopo il fallimento, si è ritrovato il Bari tra le mani. «Lo ammetto, è il compito più difficile che mi sia capitato, perché mai avrei pensato da sindaco di dovermi occupare di calcio e parlare con presidenti e procuratori di ogni categoria».
Se l’è cavata anche perché è tifoso. «Devo dire grazie a zio Vito, che mi ha portato allo stadio sin da bambino. Stravedevo per João Paulo, perché gli avversari li dribblava anche più di una volta».
Se fosse un giocatore di questo Bari, chi sarebbe? «Mi piacerebbe dire Antenucci, ma non sarei mai capace di segnare i suoi gol. Diciamo uno tra Maiello e Maita, insomma un regista di centrocampo».
Che rapporto ha con Luigi De Laurentiis? «Ottimo. È davvero un signore, come diciamo a Bari. Insomma è un galantuomo, legato a valori molto solidi e che mantiene sempre la parola data. Sono felice che i suoi sacrifici siano sul punto di essere premiati».
All’inizio però lei ha avuto a che fare con il padre. «La prima volta che lo contattai, mi rispose che non c’era motivo perché prendesse il Bari. Poi dopo qualche giorno di riflessione mi ha contattato lui e io inizialmente non ho visto le sue chiamate. Me ne disse di tutti i colori. È davvero un personaggio straordinario».