Davide Ballardini, intervistato nell’edizione odierna de “La Repubblica” ha parlato delle sue esperienze passate con i presidenti con queste parole: «A Cagliari la vita era più dura con Cellino, rispetto che a Palermo con Zamparini. Lui mi chiamava anche alle tre di notte per la formazione. A volte con buone intuizioni, tipo Cossu regista. Io ad un certo punto spegnevo il telefono e lui chiamava il mio vice. Zamparini in settimana ti fa arrivare sempre il suo ragionamento su modulo e uomini, ma a Palermo se perdi è tutto amplificato. Lotito invece non si intromette mai, ha profondo rispetto. Certi presidenti ti sgretolano il cervello. Il nostro calcio non si basa più su competenza e separazione dei ruoli, ma sul profitto e sul mercanteggiare. E il mestiere di allenatore è sminuito. Mio nonno pensava che non fosse mica un lavoro. Gli dicevo che mi pagavano e lui allora: “Ho capito, fai l’artista”. Io non mi ribello mai, ascolto tutti, e forse nel tempo è stata una mia debolezza. Ma dopo un po’ ti abitui. E’ come un farmaco preso a piccole dosi quotidiane. Lo sa che farmaco in greco vuol dire veleno?».