Avellino, Di Gaudio: «In squadra parlo in dialetto con gli altri palermitani. Contro il Palermo vorrei sempre vincere»

Il palermitano Totò Di Gaudio ha rilasciato una lunga intervista nel corso del format di “Prima Tivvù”, “Un lupo in famiglia”.

Ecco alcuni estratti delle parole rilasciate dall’attaccante dell’Avellino:

«Com’ero da piccolo? Ero un bimbo un po’ vivace, a scuola non bene, ma col calcio ho avuto subito un grande feeling, in mezzo alla strada per Palermo. Ero un bambino un po’ irrequieto».

AVELLINO: «Mi ha colpito il progetto. Avevo richieste dalla B, importanti. C’era la Reggina, la SPAL, il Padova, ma Avellino mi ha davvero colpito. Mi è piaciuto il progetto serio e vincente. Non mi interessava la categoria. Il mister lo conosco, ha vinto tanto. Il direttore ha fatto sempre calcio, è una bandiera di questo club. Non c’ho messo molto per accettare. Sono contento di essere qua, della scelta fatta, del gruppo che abbiamo, si sta veramente bene. Siamo una piccola famiglia. Una piazza del genere in Serie C è un lusso. Ce ne sono davvero poche e tra l’altro diverse sono nel nostro girone».

PALERMITANI IN SQUADRA: «Parliamo spesso il palermitano stretto con Silvestri, Rizzo, D’Angelo. Qualche volta i compagni ci chiedono cosa ci diciamo. Cosa vuol dire giocare contro il Palermo? E’ difficile, la mia famiglia è composta da tutti tifosi del Palermo. Contro il Palermo voglio sempre vincere, mi dispiace. Non è una guerra, ma è così. Se tornerei? Non lo so, è difficile».

PASSIONE PER IL CALCIO: «Vivo a Borgonuovo a Palermo, un quartiere dove non c’era molto lavoro. Ho cominciato nella squadra di Totò Schillaci, al Ribolla, poi mi prese il Palermo, dove però non trovai molto spazio all’inizio. Ho avuto delle difficoltà, mi dissero che forse era meglio smettere di giocare, che iniziassi a lavorare e questa cosa qui mi ha deluso molto. Tornato a casa, tramite Totò Schillaci feci un provino per una squadra di Serie D, e fui tesserato dalla Virtus Castelfranco dove poi è nato tutto».

CARPI: «Nel 2010 passai al Carpi in C2, dove mi sono trovato come se fossi a casa. Salimmo in C1, poi in Serie B, dopo aver vinto la finale playoff con il Lecce. Nessuno se lo aspettava, fu bellissimo. Ricordo la gara di Lecce fu in inferno. Carpi non era mai stato in B. Con Pillon facemmo un buon campionato poi con Castori facemmo qualcosa di clamoroso. Ci davano per i playoff, ma non ci aspettavamo di vincere il campionato. Portare un paesino in Serie A è stato clamoroso».