L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma su quanto accaduto ad Ascoli dove sono stati ritrovati parecchi palloni suo tetto di una chiesa e pone una riflessione su un’Italia che non gioca più a calcio per strada.
Sono giorni di immagini memorabili. Immagini che restano stampate nel nostro cervello, anche se non vogliamo. Dall’Ucraina arrivano orrore, sopraffazione e morte: cadaveri sul ciglio delle strade, edifici distrutti, bambini in uno scantinato, colonne di sfollati. Chi considera la guerra un risiko di cui parlare al bar o in televisione pensi all’uomo che ha provocato tutto questo.
Se lo giustifica, si vergogni. Improvvisamente, ecco: un’immagine completamente diversa. Quella che vedete in pagina è una fotografia che ha colpito molti di noi al Corriere — diversi per età, esperienza, sensibilità. Un’immagine che sembra sbucare dall’infanzia di alcuni, dai sogni di altri, dai desideri di tutti. Un’immagine che strappa un sorriso e una constatazione: l’Italia è un luogo formidabile, dove la poesia, la bellezza e il genio sono, spesso, preterintenzionali. Non lo facciamo apposta a essere così bravi, quando siamo bravi. Neppure le nostre sciatteria sono sempre volontarie; molte sì, però.
Cosa vedete, nella parte bassa della fotografia? Palloni. Ne hanno trovati a dozzine, pulendo il tetto della chiesa di San Tommaso ad Ascoli Piceno, in vista del restauro della struttura, lesionata nel terremoto del 2016. Generazioni di ragazzini li hanno spediti lassù, giocando
a calcio nella piazza. I telecronisti, ancora oggi, parlano di «un tiro alla viva il parroco» o di «un campanile» quando il pallone — in un rinvio, in un contrasto — si alza in verticale. Ecco: chissà chi era il parroco, chissà chi ha tirato, chissà quando sono finiti sotto il campanile, quei palloni. Sono rimasti lì per decenni. Un piccolo museo sportivo del Novecento: modelli di plastica e di cuoio che hanno resistito a pioggia, vento, sole d’estate e gelo d’inverno. Dice il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti: «Tra quei palloni, molti erano recenti. Ci sono bambini che si trovano a giocare in piazza ancora oggi. Meno di una volta, ma ci sono».