Giuseppe Cimarosa, nipote di Matteo Messina Denaro che ha rinnegato il boss.
La madre Rosa Filardo è cugina di primo grado del superlatitante e il padre Lorenzo collaborò con la giustizia fino al 2017, anno in cui morì. E l’ultima foto di Diabolik è stata scattata proprio al matrimonio di Filardo con il padre di Giuseppe. «Avevo conosciuto la storia di Peppino Impastato ed era lui il mio punto di riferimento ideale. Così è iniziato il conflitto profondo con mio padre. Questa parentela sarà pure lontana, ma mi ha rovinato l’infanzia e l’adolescenza. Come uno stigma», racconta oggi in un’intervista a Repubblica. «Quando era a scuola i compagni di classe parlavano del boss con ammirazione, ma per me non c’era nulla di cui vantarsi», prosegue.
Come racconta “Open.it” Giuseppe ha 40 anni e fa l’istruttore di equitazione e il regista di teatro equestre. Il suo punto di riferimento, fin da ragazzino, è stato il celebre giornalista e attivista Peppino Impastato. Ideale che ha portato Giuseppe a entrare in conflitto con il padre, soprattutto dopo l’arresto di quest’ultimo. «Ha scontato 5 anni ingiustamente, perché era stato assolto dall’associazione mafiosa e condannato per danneggiamento contro un ex socio. Non aveva commesso lui quel reato, però non disse nulla. Così, una volta tornato libero, fu ritenuto affidabile e venne nuovamente assoldato», spiega il nipote del capomafia.
Nel 2013 Lorenzo Cimarosa ha iniziato a collaborare con la giustizia e il figlio ha rifiutato da subito il programma di protezione. «Io mi chiamo Giuseppe Cimarosa. Ho una mia identità di persona onesta che ho costruito negli anni e con fatica. Non ci rinuncio per colpa di Matteo. Non sono un eroe, ho fatto una scelta, ho preferito la libertà e rimanere a casa mia. Però ho pagato un prezzo». Questo costo è la paura: l’ansia di essere uccisi da un momento all’altro. Dopo la morte di Lorenzo, Cosa Nostra ha distrutto ben due volte la sua tomba. Ma i problemi sono arrivati anche dalla società stessa che l’ha «emarginato» e ha reso la sua vita «un’inferno», come «gli amici che da un giorno all’altro non mi hanno più risposto al telefono e mi hanno abbandonato. O i ragazzi che frequentavano il maneggio e sono spariti». A chi definisce un errore l’arresto del boss, Giuseppe risponde: «Sono schifato. Lo trovo avvilente. Capisco che molti abbiano paura, ma se non volete parlare, almeno state zitti».