Allarme calcio. L’SOS di De Siervo: «Delusi dal governo. Pure i calciatori rinuncino a una mensilità»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla crisi economica nel calcio in attesa di sostegni dal governo e lo fa riportando un’intervista a De Siervo.
La montagna partorì un topolino: nel decreto “sostegni ter” del governo, quello sui ristori attesi come acqua nel deserto da tutte le attività produttive, il mondo del calcio è il grande deluso. Arriveranno 20 milioni per i tamponi (probabile una cifra intorno ai 5 per la A) e altri 20 milioni di credito di imposta per le sponsorizzazioni che, però, non riguarderanno il campionato maggiore: «Una vera delusione», tuona Luigi De Siervo, a.d. della Lega Serie A.
De Siervo, come si è arrivati a questo punto?
«Nonostante il lavoro del sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali la politica, ancora una volta, dimostra di non aver capito l’importanza dello sport per gli italiani, dell’attività di base, della competitività del sistema sportivo e soprattutto della Serie A, che dovrebbe essere la locomotiva e che invece viene abbandonata con danni permanenti. Ricordiamo che il calcio è una delle principali 10 industrie italiane: appassiona oltre 32 milioni di persone e dà lavoro a più di 300mila. Sono numeri che meritano considerazione e rispetto da parte del governo: versiamo ogni anno 1,2 miliardi di contribuzione, non aiutarci in modo adeguato significa fare un autogol al sistema Italia».
Dove ci si poteva spingere?
«Almeno avrebbero potuto concedere una rateizzazione, per almeno 3 anni, delle tasse dovute dalle nostre squadre: mi auguro che, in zona Cesarini, il governo consenta almeno di differire i termini. Si poteva anche prevedere un prelievo della cifra delle scommesse sportive effettuate sulle nostre gare e su cui lo Stato continua a guadagnare miliardi. Ci sono alcune misure a costo zero che possono dare sollievo al nostro settore, come il ripristino della pubblicità per le aziende di betting. È bene ricordare che ad oggi solo i 20 presidenti di A hanno perso oltre un miliardo e mezzo. Rialzarsi e tornare competitivi sarà molto, ma molto complesso. Anche perché negli altri Stati europei hanno deciso di sostenere concretamente lo sport. La scelta di abbandonare il calcio di vertice è folle, tant’è che in paesi vicini come la Francia sono stati destinati oltre un miliardo di aiuti, tra ristori diretti e prestiti agevolati. Rischiamo di pagare questa scelta scellerata per i prossimi 10 anni in cui faremo fatica a essere competitivi».
Pensa che anche gli altri attori potrebbero dare un contributo?
«Tutti devono fare loro parte se vogliamo salvare e sostenere il sistema. Ci aspettiamo, quindi, un gesto di responsabilità seria anche da parte dei protagonisti del gioco. In questo mondo calciatori, allenatori e procuratori rappresentano categorie privilegiate che hanno beneficiato del continuo sviluppo del calcio negli ultimi anni e adesso dovrebbero fare qualcosa di concreto per aiutare la sopravvivenza del sistema. Potrebbero rinunciare almeno a un mese dei loro emolumenti. Non possono essere così egoisti, nascondendosi dietro ai contratti firmati prima del covid, in un’altra epoca. Non possono girarsi dall’altra parte mentre la barca affonda».
Anche il rimborso della biglietteria mancata potrebbe essere un atto di giustizia?
«Si, avrebbe mitigato gli effetti della pandemia. Dalla sola biglietteria abbiamo perso più di 300 milioni, ai quali aggiungere i mancati ricavi da attività correlate all’evento partita. Proprio sulla Gazzetta il presidente Scaroni ha evidenziato la perdita secca di 5 milioni per Milan-Juve: come si può pensare di non dare un sostegno?»
Possibile che già a febbraio si torni alla vecchia capienza?
« La delibera dell’Assemblea riguardava le giornate di gennaio, per cui da febbraio torneremo certamente al 50%, ma, col supporto del sottosegretario Vezzali ci aspettiamo di salire subito dopo al 75 o poi al 100% come già avviene in Inghilterra. Oltre al danno economico l’assenza di pubblico è anche un danno sportivo. Pensiamo al ritorno delle Coppe Europee, con le nostre formazioni che si troveranno a giocare all’estero in stadi pieni, e poi non potranno avere il supporto del pubblico in casa».