Addio Zemanlandia, divorzio col Foggia. Non c’è più l’intesa. Il boemo voleva la squadra vincente
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sull’addio di Zeman al Foggia.
È l’addio più doloroso e amaro. E non ha senso metterlo in fila con gli altri tre. Ieri pomeriggio, le strade di Zdenek Zeman e del Foggia si sono divise. Non ci sarà il tecnico boemo nei programmi per la prossima stagione del presidente rossonero Nicola Canonico. Zemanlandia esce di scena nuovamente, ma mai come adesso tra rimpianti già forti e una delusione che imprigiona la città. Un rapporto sfilacciato nei mesi dopo la ripartenza del giugno scorso. Un divorzio che alla resa dei conti diventa annunciato viste le tensioni e le incomprensioni affiorate tra il tecnico, affiancato dal d.s. Peppino Pavone, e la presidenza.
Legame Non è pero soltanto una storia di calcio. Di mezzo o meglio al centro c’è il rapporto tra Zeman e Foggia. Amore allo stato puro. Tra trionfi, giornate felici e anche distacchi per poi ritrovarsi come se il tempo si fosse fermato e non ci potesse esser nessun altro campo su cui fa sbizzarrire il suo 4-3-3 se non allo Zaccheria. Si può partire dall’utima scena sul campo per riavvolgere il nastro. Dalla sera del 12 maggio, al termine della sconfitta del Foggia in casa dell’Entella che ha fermato ai playoff la rincorsa dei rossoneri alla promozione in B. Sembrava avere il passo rallentato quell’uomo che nel giorno del suo 75esimo compleanno andava a ringraziare con la sua squadra i 1.500 tifosi giunti a Chiavari: nel cuore la rabbia per il ko ma anche l’orgoglio di veder la gente felice per il suo Foggia. Che ha lottato per cercare di andare oltre le proprie possibilità. Sì, perché ancora una volta Zeman aveva creato un Foggia da applausi. E non era nei programmi il salto in B.
Il ritorno Non era questo il finale ipotizzato undici mesi fa. Canonico, accompagnato dalla socia Pintus, era andato a Roma per convincere il boemo a tornare in rossonero. Il 26 giugno la firma e la presentazione allo Zaccheria in una Foggia impazzita di gioia. «Il maestro è ritornato a casa», disse Canonico. Ieri pomeriggio, quelle parole erano un ricordo livido. Ben presto Zeman si è infatti accorto che troppe promesse si erano sbiadite velocemente. A cominciare dal mercato. Da aziendalista, il boemo non ha mai preteso la luna dai propri dirigenti. Però tanti nomi indicati come primi nella lista nei ruoli da rinforzare non è stato possibile agganciarli. Pavone, che scopri Zeman a Licata e lo suggerì a Casillo, è andato ancora una volta a scovare chi potesse comunque far parte del nuovo Foggia. Ora, dopo essersi arrampicati fino ai playoff, occorreva fare un salto in più per puntare alla promozione diretta in B, come esige la passione ma anche la tradizione della città. In pratica, 3-4 rinforzi provenienti dalla B. Ma non c’è stata condivisione. Il piano tecnico, elaborato da Zeman e Pavone, non ha trovato il supporto della società. Ragioni economiche: un freno troppo forte per dare avanti insieme. Il rimpianto per la figura del presidente Pasquale Casillo negli anni d’oro si è fatto sentire in questi giorni. «A Foggia mi vogliono bene, vorrei rimanere, ma con altri presupposti», ha detto Zeman nei giorni scorsi. Già a gennaio la situazione sembrava però delineata. Canonico aveva dato il benservito a Pavone. Appena ventiquattro ore dopo sui social la foto del presidente con Zeman che firmava il rinnovo per un’altra stagione, con Pavone. Quei contratti dovevano essere depositati a fine stagione.