L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Andrea Accardi ancora nel futuro del Palermo.
Cinque giorni di vacanza a Dubai, unica concessione, per completare la festa del ritorno in B e la promessa fatta alla fidanzata, poi il suo campionato è ricominciato. Prima degli altri. In infermeria per curarsi e riguadagnare terreno. Meglio sacrificare le ferie e presentarsi oggi in ritiro sulla strada del recupero che richiede almeno un mese: Andrea Accardi, vuole dare l’esempio: il cuore prima di tutto, «oltre risul[1]tato e allenamento», come chiede Baldini.
C’erano una volta, e ci sono ancora, le bandiere. Calciatori che resistono al richiamo del denaro e che decidono di coronare l’idea della vita professionale nella città di origine. Andrea è uno di questi. Firmato il contratto fino al giugno del 2023, deve mettersi però ancora alla prova per meritare la B riconquistata con una miracolosa volata, che lo ha visto spettatore, e per vincere contro un infortunio che si è rivelato più ostico del previsto.
27 anni il 30 luglio, “picciotto” dalla testa ai piedi, l’unico della vecchia società di Zamparini a restare fedele ai colori dopo la caduta, sceglie ancora il sentimento: prima, la decisione tornare dilettante, abbassarsi lo stipendio, pur di indossare una maglia che per lui ha il significato della fede considerati i diciassette anni in rosa, tranne le parentesi (prestito) di Trapani e Modena; ora, di rimettersi in gioco. Immagine di un Palermo che vuole risalire fino a diventare grande. Obiettivo conquistare la A perduta. Amore scolpito nella sua filosofia: «Sono entrato nei pulcini a dieci anni, fin da bambino ho pensato alla A e di ritrovarmi rosanero per sempre».
Intanto, è l’emblema di un’altra società, l’unico che leghi il passato con il presente e che riunisca le ultime tre ere. Motivo sufficiente perché non intenda più uscire dal sogno di una carriera interamente palermitana anche se le cose, finora, non sono andate come sperava. Il legame sembra indissolubile. Un amore senza confini. I soldi passano sempre in secondo piano («Se ci pensassi, non mi chiamerei più Accardi») considerato che, per realizzare la sua favola, ha dovuto lottare e ripartire spesso ad handicap. La B ora è arrivata e, con la promozione, nuove prospettive: stabilità e ambizioni. Ma anche ostacoli.