Nell’ambito di un periodo particolarmente delicato per il calcio italiano, Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i Giovani, ha offerto un’analisi profonda e riflessiva sulla situazione attuale, parlando a margine dell’evento Sport Talk Industry. L’intervista, pubblicata da TMW, cattura un momento cruciale per il calcio nazionale, focalizzandosi sull’inchiesta “Doppia curva”, che vede coinvolte le società di Inter e Milan.
Il ministro Abodi, noto per il suo approccio equilibrato e la sua capacità di affrontare tematiche complesse con sensibilità e acume, esplora le implicazioni di un fenomeno di criminalità organizzata che ha infiltrato il tifo calcistico. Le sue osservazioni mettono in luce non solo la gravità della situazione, ma anche la necessità di un’azione coordinata e decisiva da parte delle istituzioni sportive e giudiziarie, per assicurare che la giustizia sportiva operi in maniera complementare ma distinta dalla giustizia ordinaria.
«La cosa più importante in questo momento, al di là della necessità di attesa, è capire che questo fenomeno non è passeggero, si è manifestato in modo esplicito, clamoroso e per certi versi drammatico a Milano. Non parliamo di esuberanza della curva o di una parte, e voglio dire che è sempre bene non generalizzare, non parliamo di cori o di razzismo, che va perseguito in maniera sempre più efficace attraverso anche la tecnologia, ma di criminalità organizzata, che si inserisce nelle maglie del tifo, che si manifesta con violenza, sopraffazione, minacce anche dentro una curva, che ha generato morti e che ha accumulato risorse finanziarie e armi in una dimensione che non immaginavamo. Con tutta la cautela necessaria, ma mi aspetto un segnale dalle istituzioni sportive e da quelle calcistiche in particolare perché non venga sottovalutato il tema e perché ci si predisponga ad aprire procedimenti, che saranno certamente alimentati dalle indagini della Procura di Milano, ma che devono aprirsi anche per la specificità della Giustizia Sportiva, che non è un doppione della Giustizia Ordinaria, ma si muove su presupposti di mancato rispetto delle norme sportive, dei principi di lealtà, correttezza e probità. Questo vale per tante questioni, che vorremmo emergessero con chiarezza per la credibilità del sistema sportivo e di quello calcistico in particolare».
Si aspetta sanzioni per le società coinvolte? «Non mi aspetto sanzioni, ma che vengano valutati i fatti per come sono emersi, aspettando anche la forma determinata dall’inchiesta della Procura, ma tenendo conto della complementarietà delle norme sportive, che prevedono che non ci siano rapporti tra tesserati e delinquenze che si nascondono dietro il tifo, che non devono essere oggetto di una generalizzazione di un giudizio, anche perché ci sono decine di migliaia di ragazzi che vanno per il piacere di cantare, gioire e seguire la propria squadra. Dobbiamo essere meno grossolani e più chirurgici nel giudizio, ma resta il fatto che ci sono norme federali che prevedono che non ci siano rapporti di nessun genere tra tesserati e queste frange limitate, ma pericolose. E ormai mi sembra che sia conclamato, così come è evidente che questo tema non riguardi solo Milano, bisogna soltanto avere il coraggio di affrontare l’argomento e di non aspettare perché ogni giorno in silenzio viene male interpretato».
Ne ha parlato con i vertici di Inter e Milan? «Non ne ho parlato con i vertici dei club, ma con quelli della Federcalcio».
Cosa ne pensa del tema dei diritti tv? «Io sono soprattutto a livello internazionale per la disintermediazione per arrivare il più possibile a conoscere qual è il cliente finale per servirlo al meglio. Sono anche per la politica delle alleanze, mi auguro che una piattaforma, che non riguardi necessariamente l’Italia, ma necessariamente il mondo, possa vedere una collaborazione tra la Serie A, LaLiga, la Ligue 1 e la Bundesliga. Credo siano competizioni omogenee che possono andare in giro per il mondo con un prodotto di grande fascino. Parto con un dato oggettivo che oggi i ricavi provenienti dal mondo sono un quarto dei ricavi provenienti dall’Italia. Io credo che il mondo sia molto più grande del nostro Paese ed esperienze virtuose arrivano più o meno a equilibrare i ricavi domestici con quelli internazionali, è uno spunto, niente più».
Le piace il nome di Del Piero come ipotetico presidente FIGC? «Il suo è un nome che non si discute dal punto di vista della qualità della persona, che ha dimostrato di esprimere qualità non soltanto in campo, ma anche fuori e questo non è un tema scontato. Il meccanismo elettivo ha delle regole che non possono essere né modificate, né turbate. Mi fermo al giudizio sulla persona, poi è giusto che il sistema federale trovi la risposta per i prossimi 4 anni, che passa attraverso l’identificazione di una persona e poi si deve concretizzare con un programma da realizzare. I 4 anni che si stanno vivendo hanno visto grande tensione all’interno del sistema, una personalizzazione del confronto che è diventato scontro. Io penso che la Federazione debba essere al di sopra delle contese, debba saper unire e debba incessantemente dialogare soprattutto con la Serie A, senza mancare di rispetto alle altre componenti, che sono tutte importanti nella diversità dei ruoli. Mi auguro che si apra una fase nuova di collaborazione perché la comitiva del sistema che è la Serie A possa essere messa nelle condizioni per lavorare al meglio, superando personalismi che fanno sempre male».