A tutto Cassano: «Tra due mesi torno e rifaccio la differenza, come me nessuno. Il Palermo…»
“La felicità è ricevere un sorriso da un bambino o sentirsi dire ancora «Antonio, fai una foto con me? Sei sempre il mio campione». Il capitolo Sampdoria è ormai archiviato, ma Genova è casa sua. Nei giardini di Quinto, nel calore del suo bar preferito («Da ü Leitâ»), Antonio Cassano si apre rivendicando con orgoglio l’amore per il calcio e la certezza di poter avere uno spazio ancora importante. Cassano, la sua ultima partita risale a undici mesi fa, il derby perso col Genoa. Che cosa ha fatto in questo periodo? «Ho avuto più tempo da dedicare a mia moglie Carolina e ai miei figli Christopher e Lionel. E ho guardato i miti in tv: Messi, Federer e Valentino Rossi. Ma la pacchia è finita. Cassano sta per tornare». Giocherà in Serie A? «Tra due mesi avrò una nuova squadra e devo essere fisicamente pronto. Ora ho 45 chili in più, ma non gioco da tanto ed è normale aver messo qualcosa addosso. Ogni giorno sono al centro Riattiva di Lavagna, mancano il lavoro con la palla e il ritmo partita e tra qualche giorno chiederò all’Entella di potermi allenare con i suoi ragazzini. Comunque più passa il tempo e più sono convinto di poter tornare da protagonista. Se non andrà bene smetterò subito, non sono una comparsa». A gennaio ha avuto diverse offerte. Perché ha preferito stare fermo? «Si sono fatti avanti il Pescara con Zeman, il Palermo, il Crotone, l’Entella e ho chiacchierato anche col Verona: il suo presidente, Setti, si è fatto da solo come me, è una società perfetta. Non rientrare è stata una mia scelta perché non mi sentivo pronto fisicamente e non potevo bruciarmi con un flop. Tra due mesi sarà tutto diverso». Ha scartato l’ipotesi estero? «Ho avuto proposte da Cina, Emirati, Mls ma non mi interessano. Non ho problemi economici. Voglio giocare in Italia». La piazza giusta per ripartire? «Mi stuzzicano Udinese, Bologna e Sassuolo. Anche giocare a Verona, in A, sarebbe bello: tifosi fantastici, in 25 mila allo stadio… In B ci andrei per fare qualcosa di storico come portare l’Entella di Gozzi in A, però mi auguro che ci arrivi già quest’anno. Oppure, in caso di promozione in B, tornerei volentieri a Parma: città bellissima». A proposto del Parma: è stato uno dei primi a rendere nota la situazione di difficoltà economica del club. «Quando mi sono accorto che non pagavano nemmeno i mille euro per il giardiniere avevo due opportunità: picchiare qualcuno, i responsabili di quel disastro, o andare via. Ho preferito risolvere il contratto rinunciando a tanti soldi. A Parma ho avuto un grande allenatore: Donadoni. L’ho offeso, gli ho chiesto scusa più volte. Vorrei tornare a lavorare con lui». Fino al 28 febbraio lei si è allenato con la Primavera della Samp. Poi non le è stato più consentito. Perché? «Ho portato a cena i ragazzi la settimana scorsa. Mi hanno invitato ad andare sabato a Bogliasco per la partita col Trapani. Sono stato benissimo in quel gruppo, mi hanno ridato entusiasmo tornando indietro di quindici anni. Pedone è un grande allenatore e credo di aver trasmesso anche io qualcosa a loro. Per Ferrero e Romei potevo allenarmi ancora, ma qualcuno ha ritenuto che fossi ingombrante. Chi? Credo Giampaolo». Lei si ritiene ingombrante? «In un gruppo con poca personalità posso esserlo ma al Real, per esempio, nessuno mi ha detto che ero ingombrante». La Samp: un grande amore o una ferita aperta? «Un capitolo chiuso. Ora provo solo indifferenza. Ma non posso avercela con Ferrero perché lui un giorno dice coppe e l’altro spade, e poi il vero presidente secondo me è l’avvocato Romei. Con lui ho litigato dopo il derby e l’avventura è finita». Che cosa è accaduto? «Entra nello spogliatoio dopo lo 03 col Genoa e dice: “Avete giocato come se non pagassimo gli stipendi”. Voleva lo scontro, fu accontentato. E ho pagato». Si aspettava maggiore solidarietà da parte dei compagni e dei tifosi? «Sì. Della squadra sono rimasto in contatto solo con Fabio Micarelli, uno dei collaboratori di Giampaolo, e con il dottor Baldari. I tifosi? C’è una percentuale a cui sono antipatico. Io non ho né pensato né mai espresso giudizi negativi sulla tifoseria blucerchiata altrimenti non avrei fatto di tutto per tornare e forse ho sbagliato a farlo. Gli ex compagni? Mai sentito nessuno». Chi le è stato vicino del mondo del calcio da quando è svincolato? «Cinque persone e basta. Ci tengo a nominarle: Piero Ausilio. Sono ancora pazzo per l’Inter e ci sentiamo un giorno sì e uno no. Se Pioli non dovesse essere confermato gli ho detto di puntare su Guardiola o Spalletti». E poi? «Palmieri, barese come me, con i giovani fa miracoli a Sassuolo. Lui e Ausilio sono due fuoriclasse. Poi Fusco, il d.s. del Verona, e Delneri, tecnico fantastico ma ancora più come persona, gli voglio tanto bene. Infine Fabrizio Preziosi. Ragazzo straordinario che mette passione in quello che fa». In Italia, tra i giovani, c’è un nuovo Cassano? «No, Cassano è unico, un pezzo pregiato, raro. Tecnicamente mi rivedo in Insigne. I miei colpi li ha Schick: lo avevo capito subito. Siamo giocatori diversi, lui è più attaccante di me però è un fenomeno». Cosa pensa del campionato italiano? «La Juve continuerà a vincere: sono bravi e anche forti di testa. Ma il livello si è abbassato. A fine anni Novanta c’erano le sette sorelle. La settima, la Fiorentina, aveva in attacco Rui Costa, Edmundo e Batistuta. Ecco perché posso continuare a giocare a lungo e fare la differenza e non è giunto il momento di smettere».
Che cosa consiglia al suo amico Totti? «Di non mollare. Vale ancora 1012 gol a campionato. Ma quando si gioca poco è dura per tutti fare bene. Io e lui siamo gli ultimi eroi di una certa generazione di attaccanti. E’ stato il mio miglior partner d’attacco». Qual è stato il momento della carriera in cui si è sentito al top. «All’Europeo 2012 e nella prima parentesi con la Samp dal 2007 al 2011. Ero fortissimo, mi sentivo quasi invincibile». Dia le pagelle ai campioni di oggi. Messi o Ronaldo? «Messi è Federer, Cristiano è Nadal. Due campioni, due stili diversi. Ha visto che cosa ha fatto Messi domenica sera nel Clasico?». Il Barcellona però in Champions è stato eliminato dalla Juve. Lei è stato più volte vicino ai bianconeri: ricorda la sua battuta sui soldatini di Conte. «Il Barcellona rimane una squadra di mostri. Ho detto quattro volte no alla Juve e non mi pento. La prima quando ero al Bari e scelsi la Roma, due volte con Secco d.s. e infine Marotta: ci ha provato anche lui. Sui soldatini non volevo offendere nessuno ma ribadisco: sono forti però scelgono giocatori che vanno sempre dritti, sullo stesso binario. Io invece devo andare dove mi pare, ragiono con la mia testa. Comunque la Juve può centrare il Triplete, ma se arrivano col Real in finale di Champions li vedo sfavoriti sulla partita secca». Ancora pagelle. Tre giocatori sopravvalutati. «Pogba, James Rodriguez e Balotelli». Perché? «Pogba vale veramente 120 milioni? Per me no. Rodriguez 80? No. E allora Iniesta quanti ne valeva alla sua età? Balotelli? Voglio bene a Mario e in Francia sta facendo benino però sia lui sia Pogba hanno avuto una grande fortuna nella vita: sono gestiti da un manager bravissimo, Mino Raiola, che ha dato a entrambi opportunità incredibili». Attualmente chi sono i tre calciatori più forti? «Messi è il top: sempre. Poi Iniesta. E porterei con me Xavi. Ancora oggi vale il podio». Quando smetterà col calcio che cosa farà? «Ma non ci penso nemmeno eh… Posso giocare ancora tanti anni. Le mie ultime scarpette le ho regalate a una supertifosa, Elsa, ha 70 anni, e in tutti questi mesi è venuta a guardare i miei allenamenti con la Primavera. Non è ancora arrivato il momento di pensare al futuro. Anche se…». Ci dica. «In verità un’idea ce l’ho già: mi piacerebbe fare il responsabile dell’area tecnica. Come lo faceva Branca all’Inter. Io collante tra società, diesse e squadra: al d.s. faccio scegliere i giocatori ma poi l’ultima parola devo averla io, perché di calcio me ne intendo». Ha la possibilità di cancellare una cassanata. Una sola. «(Abbassa lo sguardo) Le offese a Riccardo Garrone. Non me lo perdonerò mai. Prima della sua morte sono riuscito a chiedergli scusa. E questo mi ha rasserenato, però quello che ho fatto mi pesa ancora». Da uno a dieci quanto è felice? «Mille». Ha dato più lei al calcio o viceversa? «Amo il calcio. Mi ha reso uomo, mi ha dato popolarità e ricchezza. Io ho dato al calcio gol ed emozioni ma ho reso solo al cinquanta per cento di quello che avrei potuto fare». Quanto conta Carolina nella sua vita? «Donna speciale, mi ha cambiato. Di meglio non c’è». Lei ha due figli. Se li immagina calciatori o vorrebbe facessero altro? «Ne ho due e ne vorrei almeno altri due, io sono pronto ma tocca a Carolina decidersi… Comunque meglio manager, come calciatori sarebbero accompagnati sempre da confronti continui con il loro papà». Cassano e la politica. «Nessun interesse e non ci capisco niente». Cassano e la religione. «Non sono credente ma rispetto chi lo è, come mia moglie Carolina. Però Papa Francesco mi piace, lo vedo vicino alla gente». Quando ha pianto l’ultima volta? «Lo faccio ogni giorno. Christopher ha la varicella: ho pianto. Vedo i due bambini e mi emoziono davanti al loro sorriso”. Questo quanto riportato da “La Gazzetta dello Sport”.