Audero si confessa tra Serie A, playoff e Mondiale «Ho scelto Palermo per ritrovare il fuoco»

Due scudetti in bacheca, il carisma assorbito da Buffon e Chiellini, la voglia di ripartire da una piazza calda e vera. Emil Audero ha scelto Palermo per ritrovare motivazioni, ma anche per lanciare un segnale a sé stesso e al calcio italiano: c’è ancora spazio per chi ha fame e crede nei progetti. Lo ha raccontato in esclusiva al Corriere dello Sport, in un’intervista che attraversa spogliatoi, ricordi e ambizioni.

La questione dei gol subiti nei finali di gara è inevitabile. «Sono situazioni che nel calcio esistono – spiega il portiere rosanero –. Durante una partita ci sono cose che non puoi controllare. A incidere sono la bravura degli avversari, ma anche qualche lettura sbagliata. Nei finali subentra stanchezza, disordine tattico, ti abbassi e concedi più campo. È lì che serve la testa: se l’inerzia non è più dalla tua parte, devi restare dentro la partita».

Eppure, per lunghi tratti, il Palermo concede pochissimo. «Siamo forti, forse manca consapevolezza. A volte siamo troppo attendisti. Serve la “sana” presunzione di dimostrare chi siamo. In Serie B l’equilibrio è tutto: da un momento all’altro ti ritrovi settimo dopo essere stato fuori dai playoff».

Audero sa bene cosa significhi respirare l’aria dei grandi club. Scudetto con la Juventus di Allegri da giovanissimo, poi quello con l’Inter di Inzaghi la scorsa stagione. «Ho avuto la fortuna di condividere momenti importanti con campioni veri. Buffon è stato una guida, un esempio, non solo per il ruolo: il suo carisma è stato la base da cui sono partito. E Chiellini, un professionista che ti insegna tanto anche fuori dal campo. L’anno scorso all’Inter c’era un gruppo fortissimo e unito: con Barella e Dimarco avevamo già giocato insieme nell’Under 15».

Ma cosa porta con sé uno come Audero da esperienze così vincenti? «Nei gruppi importanti c’è rispetto, voglia di stare insieme, unità professionale. Quando vieni visto come un esempio da seguire, è una responsabilità ma anche uno stimolo. A Palermo ho trovato un ambiente che riconosce tutto questo, e per me conta molto».

Il Palermo lo ha voluto a gennaio. E lui ha risposto. «Il primo a cercarmi è stato Osti, che conoscevo dalla Sampdoria. Poi sono arrivate richieste dalla Serie A, ma ho capito subito che qui c’era un progetto serio. Mi serviva una piazza viva, che ti dà stimoli. Palermo lo è. Una città che vive di calcio, che pretende, ma proprio per questo è speciale. Il futuro? Prestissimo parlarne. Sono in prestito secco, ho ancora due anni di contratto con il Como, ma ora penso solo a portare il Palermo più in alto possibile».

E mentre punta ai playoff, Audero ha all’orizzonte anche un Mondiale. Con l’Indonesia. «Alla prima convocazione non ho giocato, ma il 5 giugno in Cina sarò titolare: l’altro portiere è squalificato. Mio padre è indonesiano, io ho fatto tutte le giovanili con l’Italia, ma la maggiore non è mai arrivata. L’ex presidente dell’Inter Thohir mi ha illustrato il progetto e l’ho abbracciato. È un legame di sangue, ma anche un’opportunità professionale. L’Indonesia lotta per il primo Mondiale della sua storia. Emozione pura».

Domenica lo attende il Sassuolo, primo in classifica. In panchina, Fabio Grosso: una vecchia conoscenza. «Lo ricordo bene dalla Primavera della Juve. È una persona di spessore e un allenatore che ha sempre fatto bene. Il Sassuolo ha un attacco fortissimo, con Berardi e Laurienté, ma anche noi abbiamo Brunori e Pohjanpalo. Diversi, ma si sono creati una loro chimica».

Infine, una riflessione sul momento della squadra e sul futuro dell’allenatore. «Quando le cose vanno male, emerge l’orgoglio. Nessuno vuole perdere o fare brutte figure, a prescindere da chi siede in panchina. Noi siamo uniti, e vogliamo fare bene come Palermo. Che posizione ai playoff? Più in alto si arriva, meglio è. Dobbiamo crederci fino alla fine».